Salvatore Cultraro, Acate (Rg), 19 gennaio 2015.- Il calendario liturgico ricorda il martirio di San Vincenzo, protettore di Acate, il 22 gennaio ma, come è ben noto, nella cittadina iblea il Santo Martire viene onorato e festeggiato la terza domenica dopo la Pasqua. Una scelta non certo arbitraria e casuale ma, che al contrario, si rifà ad una serie di motivazioni valide, anche se non matematicamente certe. Come riferisce don Rosario Di Martino nel suo volume, “Biscari e il suo Martire che sorride”, una delle motivazioni che giustificherebbero la scelta della terza domenica dopo Pasqua per i festeggiamenti, potrebbe essere suffragata dal fatto che il Corpo del Santo Martire sia arrivato a Biscari proprio in concomitanza della terza domenica dopo Pasqua del 1701 o 1702. Le prime notizie storiche, documentate, sulla prima festa solenne in onore del Santo si hanno a partire dal 1722, data della fine dei lavori di ricostruzione, a causa degli ingenti danni riportati dal terremoto del 1693, dell’antica chiesa di San Giuseppe, annessa al Castello e riaperta al culto proprio nel 1722, con il cambio di denominazione in chiesa di San Vincenzo, come si legge nel cartiglio marmoreo posto all’ingresso della sagrestia, per la presenza, sull’altare maggiore, del Corpo del Santo. Ma l’ipotesi più accreditata sarebbe un’altra. Sempre come ci riferisce don Rosario nella sua opera citata, nel calendario liturgico di alcuni Santi si celebrano due ricorrenze: la morte e la traslazione delle loro reliquie. E tra essi c’è anche San Vincenzo, Diacono di Saragozza, il quale si festeggia nel giorno del suo martirio, il 22 gennaio e nel giorno della sua traslazione da Costantinopoli, il 27 aprile. Ed infatti, già a partire dalla prima festa solenne in suo onore, quella del 1722, non si scelse la giornata del 22 gennaio, forse a causa del rigido periodo invernale, ma quella della sua traslazione, anticipata al 26 per non farla coincidere con la Pasqua, tradizione, questa, protrattasi nei secoli e giunta fino ai nostri giorni. I nostri avi, quindi, avrebbero preferito dare più risalto alla data della traslazione del corpo del Martire, da Costantinopoli, città della Turchia. Una nazione, questa, che ci riporta alla memoria la nota leggenda sulla vita del Santo Martire, tramandata, per secoli, da padre in figlio. Secondo questa leggenda, infatti, Vincenzo sarebbe stato un principe figlio unico di un re turco, educato al cristianesimo dalla madre, convertitasi all’insaputa dell’emiro suo marito. Vincenzo, quindi, avrebbe deciso di partecipare alla Prima Crociata, combattendo contro i suoi connazionali e lo stesso padre. Indubbiamente un’onta  per il padre il quale, dopo averlo invano richiamato a riabbracciare la fede islamica, ne avrebbe ordinato la morte. Vincenzo colto di sorpresa mentre riposava sotto una palma, sarebbe stato, pertanto, ucciso dallo stesso padre con un colpo di scimitarra alla guancia destra. Questa la leggenda, sfatata però dalle ricerche storiche portate avanti da anni con successo, e suffragate da validissimi riscontri scientifici, dal reverendissimo parroco, don Rosario Di Martino. Ricerche che hanno finalmente fatto luce sulla figura del Santo Martire, da secoli avvolta da un alone di mistero. Oggi, grazie a questi studi, sappiamo, con certezza quasi matematica che il corpo custodito nell’artistica urna di cristallo di Boemia ed esposto alla venerazione dei fedeli sull’altare maggiore dell’omonima chiesa, apparterrebbe a Vincenzo,  giovane diacono spagnolo, martirizzato durante le persecuzioni contro i cristiani, ordinate da Diocleziano nel 300 d.C. Vincenzo, figlio del console romano Eutichio marito di Enola, entrambi cristiani, sarebbe nato a Osca, oggi Huesca, nel 280 d.C. Educato da Valerio, vescovo di Saragozza, venne ordinato successivamente diacono. Fatto arrestare dal Proconsole in Spagna, Daciano, nei primi giorni del 304 d.C., fu processato a Valencia e sottoposto a tremende torture che lo portarono alla morte il 22 gennaio del 304. Il suo corpo venne gettato in mare ma le onde lo trasportarono a riva dove venne seppellito nella sabbia. Successivamente, per salvaguardarlo dalle profanazioni dei Mori, il suo corpo sarebbe stato portato a Costantinopoli. E proprio dalla presenza delle reliquie del Santo Martire a Costantinopoli e per la loro misteriosa traslazione a Roma presso le catacombe vaticane, potrebbe essere nata la leggenda che lo voleva figlio di un emiro turco, generando, come ipotizza don Rosario nell’opera citata, “una certa confusione che ha storpiato il modo di chiamare il corpo del Santo: Santo Crociato invece di Santo del Crociato”. Rifacendosi, infatti, a numerosi storici, don Rosario ha rilevato che alcuni antenati dei Principi di Biscari, oltre ad avere avuto radici storiche a Saragozza e quindi devoti al Diacono Vincenzo, avrebbero preso parte a più di una Crociata. In modo particolare un tale, Perricone Castelli, presente in Terra Santa, quale Capitan Generale, nel 1188, durante la Terza Crociata. Il Perricone, conoscendo la devozione della propria famiglia nei confronti del Santo Diacono di Saragozza, è probabile che abbia trafugato le reliquie del Santo Martire per sottrarle alle scorrerie dei musulmani. Questo spiegherebbe il legame, anche se confuso, tra la leggenda e la realtà. Il corpo del Santo Martire, una volta recuperato dal crociato, sarebbe stato chiamato, il “Santo del Crociato”, denominazione, questa, che tramandata oralmente dalla tradizione popolare si sarebbe alterata in “Santo Crociato”.

Di Salvatore Cultraro

Nato ad Acate. Nel 1986, ha conseguito la specializzazione quale Educatore per disabili in età evolutiva. Dal 1988 dirige il Centro di differenziazione didattica per disabili di Acate. Giornalista pubblicista, dal 1984 al 1990 ha collaborato con il Giornale di Sicilia di Palermo, dal 1991 al 2003 con la Gazzetta del Sud di Messina e dal 2004 al 2008 con la Sicilia di Catania. Nel 2009 ha diretto la redazione giornalistica dell’emittente televisiva locale “Free TV” di Comiso. Inoltre ha diretto il periodico "I 4 Canti" e dal 2001 al 2009 ha tenuto Corsi di Giornalismo presso le scuole elementari e medie di Acate e Vittoria. Appassionato di storia locale, negli anni Ottanta ha pubblicato alcune sue ricerche sulla presenza nel territorio di Acate di alcuni importanti siti rurali risalenti al periodo geco-romano e medioevale. Nel dicembre del 2013 ha dato alle stampe, unitamente al prof. Antonio Cammarana di Acate, un volumetto sull’antico Lavatoio Pubblico di contrada “Canale”.

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