Minacce a Ciotti, solidarietà di Gurrieri (Avviso Pubblico): “Interprete di un’antimafia di fatti, non di sole parole”
Appresa la notizia, diffusa ieri dal quotidiano “La Repubblica”, riguardante le minacce di morte indirizzate dal boss Totò Riina a don Luigi Ciotti dal carcere di Opera, il Vicepresidente nazionale di “Avviso Pubblico” e Assessore al Comune di Vittoria (RG), Piero Gurrieri, ha espresso solidarietà al presidente di Libera: “Si tratta di un fatto allarmante dal quale potrebbe desumersi l’intenzione dei capi di “Cosa nostra” di rimettere mano ad una strategia militare che punti all’eliminazione di quanti, nella società e nelle istituzioni, a essa si oppongono, e che per questo merita una giusta attenzione. Una strategia che potrebbe passare da un’intesa, già sperimentata in più occasioni, tra la stessa “Cosa nostra” e “Sacra corona unita”, anche se questo dato non emerge espressamente dalle intercettazioni del colloquio tra Riina e Lorusso. Come amministratori pubblici, conoscendo Luigi Ciotti da tanti anni, non ci sorprende possa essere stato scelto tra i bersagli di eccellenza. Ciotti, infatti, ha capito prima e più di altri che per battere le mafie fosse necessario isolarle culturalmente nella società, ha creduto in questa idea, che era quella di don Pino Puglisi, e l’ha diffusa nel paese, fondando Libera e insistendo, in particolare, sulla formazione alla legalità e sul sequestro e il riutilizzo sociale dei patrimoni mafiosi, spesso denunciando pubblicamente i ritardi e le ambiguità di settori della politica o delle istituzioni”. Gurrieri ha quindi concluso: “Luigi Ciotti, interprete di una antimafia non di sole parole ma di fatti, non solo predicata da scranni parlamentari o da pulpiti ma calata nei territori e in periferie spesso anonime e dimenticate dai pubblici poteri, non è solo, noi continueremo a stare, adesso più che mai, dalla parte sua e di Libera. Le istituzioni dello Stato facciano appieno la loro parte, rassicurando e non isolando, come è anche recentemente accaduto, quanti contrastano la criminalità e, soprattutto, mettendo mano a quelle riforme autenticamente indifferibili, a partire dall’estensione del regime del carcere duro, essendo inammissibile che si possa consentire a detenuti come Riina e Lorusso di discutere tranquillamente del destino degli uomini migliori del paese”.