L’ex presidente del Parco dei Nebrodi parla agli studenti del “Ferraris”
Ragusa. 30/03/2018
Antoci a Ragusa, quando legalità e antimafia non sono parole vuote
Da ventidue anni, all’arrivo della primavera, in molte città italiane si celebra la “Giornata della Memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti della mafia”. Da ventidue anni perché risale al 1996 l’istituzione di questa giornata, in accoglimento del grido di dolore di una madre che avendo perduto il proprio figlio nella strage di Capaci del 23 maggio 1992 non si rassegnava all’idea che in quel tragico evento fossero stati uccisi – secondo la vulgata corrente – “il giudice Giovanni Falcone con la moglie Francesca Morvillo e la scorta”.
Poiché quella scorta sbriciolata dal tritolo erano tre giovani poliziotti, uomini in carne e ossa, con la loro storia, la loro vita familiare di fidanzati, mariti, padri o figli, i loro affetti, la loro sensibilità, la loro passione, la propria dedizione ad un lavoro duro e difficile in nome degli ideali di legalità che li sostenevano, quella madre voleva che ogni vittima innocente della mafia avesse lo stesso riconoscimento e lo stesso diritto ad essere ricordato con il proprio nome.
Da qui la ricorrenza che, quest’anno, con due giorni di ritardo sulla data convenzionale, ha visto a Ragusa una delle più belle e pregnanti iniziative d’Italia.
L’ha promossa l’Istituto d’istruzione superiore Galileo Ferraris con un programma molto vario di momenti significativi che ha avuto il suo clou nella conferenza per la giornata della legalità. Diverse le testimonianze importanti, ma una merita in particolare di essere evidenziata. Quella di Giuseppe Antoci, ex presidente dell’ente Parco dei Nebrodi, revocato dalla carica nei mesi scorsi dal nuovo governo regionale, in nome dello spoils system e contro un elementare dovere di ovvio riconoscimento non solo e non tanto dell’opera straordinaria e rivoluzionaria prestata da Antoci in oltre quattro anni, ma del significato che essa ha concretamente rivestito. La conseguenza di questa revoca anticipata rispetto alla scadenza naturale dell’incarico, che era prevista nel prossimo mese di ottobre, è un messaggio che devasta la legalità.
Alle centinaia di studenti che hanno ascoltato le sue parole in silenzio e con palpabile partecipazione emotiva, Antoci ha detto di avere fatto semplicemente il suo dovere, con la normalità dei comportamenti quotidiani cui tutti siamo tenuti, quale che sia il lavoro che espletiamo o le funzioni che esercitiamo.
Qual’è la normalità dei quattro anni di Antoci alla guida dell’ente Parco dei Nebrodi?
Lo ha spiegato egli stesso in modo semplice ed efficace.
Prese in mano un ente che, dopo dieci anni di gestione commissariale, trovava normale che nei bandi per l’affitto dei terreni fino a 150 mila euro i partecipanti potessero semplicemente autocertificare la propria compatibilità con la normativa antimafia. Eppure era sotto gli occhi di tutti che moltissimi terreni, con questa procedura, venissero assegnati a mafiosi, anche molto noti e riconosciuti, e che i contadini e i produttori per bene venissero minacciati, intimiditi, indotti a lasciare i loro appezzamenti e le loro aziende. E ciò perché i mafiosi che s’aggiudicavano i terreni, riuscivano a riscuotere contributi dell’Unione europea per somme pari a venti volte i costi sostenuti.
Antoci, appena insediato, comprese queste dinamiche e fece una cosa, tanto semplice, quanto rivoluzionaria: un protocollo di legalità che elimina l’autocertificazione e impedisce così ai mafiosi di partecipare ai bandi. La reazione è immediata: messaggi chiari, proiettili in busta, ricorsi al Tar per fortuna rigettati e poiché questi mezzi rimangono privi di effetto, la notte tra il 17 e 18 maggio 2016 un attentato. Dopo un incontro serale nel cuore dei Nebrodi, proprio su questi temi del contrasto alla mafia dei terreni, lungo la via del rientro la piccola strada provinciale è ostruita da massi. L’auto, blindata, sulla quale viaggia Antoci è colpita da una raffica di proiettili ma i vetri resistono. Gli uomini in agguato lanciano anche molotov per provocare l’incendio e costringere gli occupanti ad uscire. La scorta risponde al fuoco e, grazie all’arrivo del commissario Manganaro che aveva seguito il convegno, i colpi a difesa di Antoci si fanno più fitti e intensi e gli attentatori fuggono.
Che Antoci sia scampato all’agguato è stato un miracolo. Il protocollo che porta il suo nome è stato esteso a tutta la Sicilia e applicato anche nelle altre regioni.
Ancora oggi è costretto a vivere sotto scorta.
Difficile immaginare cosa di “meglio” il nuovo governo della Regione volesse da un presidente dell’ente Parco dei Nebrodi, al punto da avere rimosso Antoci nove mesi prima della scadenza. C’è solo da sperare che non volesse qualcosa di diverso.
Ciò che in oltre quattro anni ha fatto Antoci è chiaro a tutti. Ed è apparso chiarissimo anche agli studenti del “Ferraris” di Ragusa, in una bella e indimenticabile mattinata di scuola “vera”, effettiva, tra le più formative che possa capitare di vivere.