Padova. Detenuto muore in cella e nella casa di reclusione scoppia la rivolta
Un detenuto è morto, ieri, nella Casa di reclusione di Padova e il triste e tragico evento è stato il pretesto per altri ristretti di seminare il panico in carcere, rendendosi responsabili di gravi atti di violenza, uno dei quali particolarmente inquietante: un detenuto, urlando “Allah è grande” e brandendo una bomboletta di gas, minacciava di farsi e farci saltare. A dare la notizia è il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, per voce del Segretario generale Donato Capece.
“Già la notizia della morte di un detenuto in carcere, per cause naturali, è triste e grave, ma amareggia ancora più che ciò ha indotto altri detenuti a scatenare violenze inaudite e inaccettabili. Verso le 10, dopo il decesso per cause naturali dell’uomo (italiano e di età sotto i 30 anni), altri detenuti (soprattutto nordafricani) hanno iniziato a protestare e il personale di Polizia penitenziaria, come sempre sottorganico, con non poche difficoltà ha gestito l’evento riportanti tutto alla calma. Purtroppo, solo per poche ore”, spiega il sindacalista. “Difatti, nel pomeriggio e sino alla sera si sono registrati episodi di violenze, in particolare nei due Blocchi detentivi II e IV, sia tra di loro che a danno del personale di Polizia”. “Verso le 16.30/17, sono iniziati dei disordini nel IV Blocco, dove si è registrata prima una colluttazione tra detenuti e, successivamente, delle aggressioni al personale di Polizia Penitenziaria, con due agenti contusi poi inviati al Pronto soccorso”, prosegue. “Verso le 18.30, poi, altri disordini nel II Blocco dove c’è anche stato l’episodio più inquietante. Il tempestivo intervento dei poliziotti, già sotto stress e fortemente oltraggiati e minacciati, è riuscito a scongiurare rissa e aggressioni al personale. Ma un detenuto si è parato davanti a un poliziotto urlando “Allah è grande” e, brandendo in mano una bomboletta di gas, minacciava di farsi e farli saltare. Fortunatamente, non è accaduto nulla e il personale di Polizia è riuscito a far rientrare la situazione dopo una lunga ed estenuante mediazione”.
Capece sollecita “chiunque, ma soprattutto chi ha ruoli di responsabilità politica ed istituzionale – penso in primis ai Sottosegretari alla Giustizia Delmastro e Ostellari, ognuno per quanto di competenza per delega ministeriale – dovrebbe andare nella Casa di reclusione di Padova a vedere come lavorano i poliziotti penitenziari, orgoglio non solo del SAPPE e di tutto il Corpo ma dell’intera Nazione”.“E’ sotto gli occhi di tutti che la situazione penitenziaria è sempre più critica” – conclude Capece, che ribadisce: “Sono decenni che chiediamo l’espulsione dei detenuti stranieri, un terzo degli attuali presenti in Italia, per fare scontare loro, nelle loro carceri, le pene come anche prevedere la riapertura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari dove mettere i detenuti con problemi psichiatrici, sempre più numerosi, oggi presenti nel circuito detentivo ordinario. Ma servono anche più tecnologia e più investimenti: la situazione resta allarmante, anche se gli uomini e le donne della Polizia Penitenziaria garantiscono ordine e sicurezza pur a fronte di condizioni di lavoro particolarmente stressanti e gravose”.
“Basta! Siamo noi a non poterne più da questa situazione di diffusa illegalità: siamo a noi a doverci chiedere dove è lo Stato!”, conclude il leader del SAPPE.