22 Dicembre 2024

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DiMattina dell’11 settembre 2024 – Giovanni Allevi: dal successo alla malattia

Mi ha molto colpito l’intervista che Renato Franco ha fatto a Giovanni Allevi sul Corriere di ieri. Non tanto per le domande dell’intervistatore (che considero borioso e poco incline alla critica nei confronti di chi governa), ma per le parole dell’intervistato, colme di amore, dolore, paura e speranza.
Inizia così.
“Un giorno ho sentito un forte bruciore alla testa, e poiché i capelli erano lunghi, ricci e intrecciati tra di loro, li ho persi tutti insieme nel giro di poche ore. Li ho tolti come se fossero una parrucca. Eccomi: calvo, imbottito di psicofarmaci per non cadere nel baratro del panico, ricolmo di oppioidi, dimagrito fino a pesare 63 chili. Immunodepresso, indebolito, con una flebo perennemente attaccata per l’idratazione. Avevo perso tutto, non solo i capelli”.
Giovanni Allevi, per chi non lo sapesse,  è un pianista, compositore, scrittore e direttore d’orchestra italiano, tra i più originali del panorama italico. Mentre era all’apice del successo che lo ha reso molto ricco, due anni fa ha scoperto di essere malato, mentre oggi ha deciso di raccontare il suo percorso in un libro “I nove doni – Sulla via della felicità”, edito da Solferino.
La scoperta della malattia è stata un treno in faccia per una persona sensibile come lui: “Ero per strada, a Roma, mi ha chiamato una dottoressa e mi ha comunicato la diagnosi. Mieloma. Una parola dal suono dolce, ma al tempo stesso insidiosa. La prima sensazione che ho avuto è stato lo straniamento, come se stessi vivendo dentro un sogno, come se fossi uscito da me stesso, come se lo dicessero a un altro. Ricordo il pavimento del marciapiede come se diventasse obliquo, come se fossi dentro una fotografia. Avevo perso il senso della realtà. Stavo già entrando in un’altra realtà. Quella dottoressa però è stata bravissima, le sue parole mi hanno colpito: la diagnosi è il primo passo verso la guarigione”.
Ma il conforto medico non basta e, oltre al dolore fisico, Allevi dichiara di aver provato angoscia, ansia, incubi, panico.
Inizia un vero e proprio calvario, fatto di indicibili sofferenze: “Il mio midollo osseo era malato. Erodeva le ossa dall’interno: impossibile descrivere il dolore”. Dolore che ha contrastato con una terapia a base di un oppiaceo tristemente famoso, il Fentanyl, che è 100 volte più potente della morfina e che crea effetti collaterali fortissimi.
Da una risonanza è emerso che una vertebra si era molto schiacciata, con l’ipotesi concreta di finire su una sedia a rotelle. Ma ciò che probabilmente lo ha fatto soffrire di più è stato il tremore alle mani, quelle mani con le quali ha lavorato e composto melodie molto apprezzate.
Ma Allevi è testardo e dopo qualche tempo riprende a fare concerti: “all’inizio si instaura un circolo vizioso: mi stanno tremando le mani. Aiuto. Panico. Le mani tremano ancora di più. A Locarno stavo per alzarmi e annunciare il mio definitivo ritiro dalle scene. Ma il pubblico mi ha dato forza: non gli interessava più la perfezione. Oggi riesco a controllare il tremore con un auto-inganno al cervello. Se mi tremano le dita penso che è bello, che sta andando in scena la mia fragilità, che sono autentico, sono io».
Nel libro racconta che la meditazione e la contemplazione della natura hanno avuto un effetto curativo, poiché riusciva a ripassare i muscoli, riducendo persino la percezione del dolore.
Una intervista, insomma, molto drammatica colma di umanità. Come hanno dimostrato i casi della scrittrice Michela Murgia e del giornalista d’inchiesta Franco Di Mare, a volte il successo e i soldi non sono sufficienti a condurre una vita priva di difficoltà. Perciò dovremmo lamentarci di meno, affrontare i problemi con serenità e determinazione e pensare sempre di fare del bene. Perché la fine di questa fantastica avventura non è scritta da nessuna parte. Forza Giovanni!
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