Acate. Antiche testimonianze di devozione a San Vincenzo Martire.
Salvatore Cultraro. Acate (Rg), 15 aprile 2021. Come da tradizione centenaria, Acate festeggia, la terza domenica dopo Pasqua, il proprio Protettore: San Vincenzo Martire, diacono di Saragozza, martirizzato nel 300 dopo Cristo in Spagna, durante le persecuzioni di Diocleziano contro i cristiani. Io scheletro del Martire, quasi intatto, rivestito da una armatura spagnola è esposto, dal 1700, anno del suo arrivo a Biscari (antico nome di Acate), sull’altare maggiore dell’omonima chiesa annessa al Castello dei Principi di Biscari, in una settecentesca ed artistica Urna in cristallo di Boemia. La festa in onore del Santo Protettore è stata da sempre una delle più belle e seguite dell’Isola, facendo affluire, nei suoi tre giorni di svolgimento, migliaia di forestieri nella piccola cittadina iblea, per le sue numerose e spettacolari attrazioni folcloristiche e religiose. Per la seconda volta però, quest’anno, la festa, che cadrà il prossimo 25 aprile, non si terrà a causa del dramma, Covid-19 e delle sue particolari restrizioni a tutela della salute pubblica. Pertanto in questo articolo non parleremo di attrazioni folkloristiche, di cavalli, di bande e sbandieratori, piuttosto parleremo di “grande, commovente, umile e semplice devozione”, nel tempo, nei confronti del Santo Martire. Notizie che abbiamo attinto e riportato fedelmente da una vecchia pubblicazione parrocchiale, edita negli anni Ottanta del secolo scorso dalla parrocchia “San Nicolò” di Acate, denominata “La Parola” e precisamente da uno specifico “speciale su San Vincenzo” datato, 28 aprile 1985.
“ Un tempo- si legge in uno degli articoli pubblicati, purtroppo senza firma sul giornalino, La Parola – i devoti arrivavano sui carretti da tutti i paesi limitrofi, i più lontani venivano da Ragusa e da Licodia Eubea. C’era anche chi veniva a piedi perché aveva promesso << u viagghiu >>, Arrivavano in tempo per la Messa dell’alba; entrando in chiesa, dalla soglia fino all’altare del Santo, facevano l’ultima penitenza camminando sui ginocchi o con la lingua << strascicuni>>. Giunti all’altare volevano salirvi per poter toccare l’urna del Santo e avere un contatto diretto con le reliquie. I fedeli di oggi continuano ad arrivare da tutte le parti per esprimere, magari con midi diversi rispetto al passato, la stessa devozione. Tre anni fa (1982), padre Di Martino è stato a Licodia Eubea per capire le ragioni di tanta devozione a San Vincenzo in un paese che è fuori sia dalla nostra provincia che dalla Diocesi. Le persone intervistate, per lo più anziane, hanno ricordato l’antica tradizione dei loro avi, la fedeltà a San Vincenzo e soprattutto un miracolo, una guarigione avuta in famiglia che giustifica il viaggio annuale fino ad Acate in occasione della festa. La particolarità della devozione a San Vincenzo certamente ha il suo motivo nella presenza del Corpo Santo del Martire, ben visibile dai fedeli, perché posto dentro un’urna di vetro. Una veste argentea, quasi militare, una palmetta all’altezza del ginocchio con la scritta << Vincenzo M.>> e una corona di fiori sul capo sono i classici simboli del soldato di Cristo caduto in difesa della sua fede: il martire. Diverse leggende sono fiorite nel tempo per colmare un vuoto di dati sulla vita e la morte del martire Vincenzo. L’inesistenza odierna dei documenti di autentica delle reliquie, non ci da la possibilità di avere notizie precise, si sa per certo che il <<Corpo Santo>>, già composto nell’urna, fu donato da Papa Clemente XI ai principi di Biscari nel 1700. La letteratura sulle donazioni delle Reliquie è varia, ma attesta con costanza il culto e la devozione popolare fin dai primi secoli del Cristianesimo. I pellegrinaggi e il contatto con le reliquie ne sono l’espressione più vistosa. In piccolo, nel nostro circondario, San Vincenzo di Acate ci attesta il valore del martirio, la presenza del <<Corpo Santo>> incoraggia e conferma il legame fra gli uomini e Dio, è punto di riferimento per tutti i fedeli che vicini ai resti mortali si scoprono fratelli, chiamati a lottare contro le forze del male, per Colui che ha vinto la morte per dare a noi la vita: Cristo”. Riportiamo ora di seguito alcune delle “testimonianze” sul Santo, raccolte a Licodia Eubea dal parroco emerito don Rosario Di Martino nel 1982 ed anche in questo caso fedelmente trascritte, errori grammaticali compresi.
“Sono stata sempre devota di San Vincenzo. Ero piccolina e mia madre si <<vutavu>> a San Vincenzo per mio fratello che aveva 18 anni e stava morendo. Lo portò a San Vincenzo e li ebbe l’ultima febbre. Per tre giorni rimase coricato in una <<mannira>> finchè non se ne accorse << a za Caterina>> una donna che abitava dietro San Vincenzo che lo fece coricare a casa sua. Restammo 5 giorni ad Acate, fino a quando a mio fratello passò la febbre e non la riebbe più. Eravamo nel 1947, ora sono passati 35 anni e da allora ogni anno siamo andati sempre a San Vincenzo. Qui vicino abita donna Teresina che ci va sempre e vi può dire altre cose”. “Per noi San Vincenzo- si legge in un’altra testimonianza- è Santo miracoloso. Più di quaranta anni fa mio fratello ha avuto un miracolo e da allora siamo sempre andati a San Vincenzo, mia madre ci andava a piedi ogni anno. Dal paese di Licodia ci vanno tutti ad Acate”. “Noi siamo devoti di San Vincenzo- recita l’ultima testimonianza che abbiamo scelto-. Io mi ci rivolsi quando avevo mio figlio piccolo. C’è qui vicino uno che è malato e per la festa vuole fare << u viagghiu >> con tutta la famiglia a piedi. E’ un ragazzo, abbiamo cercato di scoraggiarlo. Allora, stavo dicendo, mio figlio era piccolo, avevo detto a San Vincenzo: << se mi faciti a razia ci viegnu a ppera >>. Noi siamo forti devoti. Luigi questo ragazzo di 12 anni che vuole fare il viaggio a piedi << ni fa rizzari i carni >> per come fa, e tutta la famiglia lo vuole seguire, gli abbiamo consigliato di portarsi una macchina così ogni tanto si può riposare. In questo paese per San Vincenzo cì è molta devozione. Noi siamo << antichi >> ci venivamo con i carretti. Mia madre ci andava sempre perché ci si rivolgeva a San Vincenzo per i figli. Poi quando fu della guerra c’era una folla, quanti viaggi a piedi o sui carri che si facevano”.
Nel 1984 sull’altare di San Vincenzo, vicino l’urna del Santo, è stata trovata una commovente e semplice preghiera, scritta a mano su di un foglietto di carta, senza firma ne data, vedasi foto allegata, che riportiamo a conclusione dell’articolo. “Grazie grazie o gran Santo di tutte le grazie che mi ai dato Tu lo sai! Ti prego ancora, per la salute spirituale di tutta la mia famiglia, e la guarigione fisica di Vincenza di Michele te ne prego, intercede Tu per loro presso Dio e per tutta la mia famiglia. Tu sei il nostro protettore dopo Dio il nostro difensore la nostra guida, aiutaci a saper Vivere e morire nella grazia del Signore. A Te il Padre nulla nega, ricordati ricordati di noi San Vincenzo Martire”.