Salvatore Cultraro, Acate (Rg), 11 febbraio 2025.- A circa un secolo e mezzo dalla sua fondazione, il numero degli abitanti di Biscari (antico nome di Acate), era in continuo aumento anche se non raggiunse mai grosse cifre. La motivazione era dovuta al severo controllo della moralità dei suoi abitanti da parte dei Baroni ed in particolar modo da Agatino Paternò Castello, VIII Barone di Biscari, infatti per risiedere a Biscari si richiedeva il certificato di Buona condotta. Agatino Paternò Castello non solo si distinse per la bontà e la generosità con cui trattava i suoi vassalli ma anche per l’abilità dimostrata nella lotta contro il brigantaggio e questo rendeva la terra di Biscari un posto ideale per viverci tranquillamente. Inoltre i numerosi mulini, trappeti e frantoi, dati in affitto con una pubblica gara d’asta assicuravano un ottimo lavoro ai residenti. Pertanto Filippo III, Re di Spagna e delle Due Sicilie, come segno di riconoscenza elevò alla dignità di Principato la Terra e Baronia di Biscari che divennero la “Nobile Terra di Biscari” e lo “Stato di Biscari”. Pertanto ai Paternò Castello, ed ai loro eredi in perpetuo, grazie alle doti di Agatino, venne conferito il titolo nobiliare di Principi, emesso a Madrid il 21 giugno del 1633 e divenuto esecutivo il 26 agosto 1633. Inoltre il Primo Principe di Biscari, Agatino Paternò Castello il 9 agosto 1643 ottenne da Papa Urbano VIII il privilegio di vedere elevata ad Abbazia la sua cappella privata, annessa al castello, intitolata a San Giuseppe. L’Abbazia fu immediatamente soggetta alla Santa Sede anche se il patronato rimase riservato al Principe il quale sceglieva l’Abate tra i membri della sua famiglia, generalmente il secondogenito. Don Agatino fu particolarmente caritatevole verso i poveri. Fondò il Collegio di Maria per l’educazione delle figlie dei suoi vassalli e per dodici fanciulle povere, nove della “Casa delle Verginelle di Catania” e tre della “Terra di Biscari”, alle quali, come si legge nel suo testamento, lasciò un legato di 10 onze, in monete d’argento, come dote per il loro matrimonio. Questo legato fu osservato fedelmente dai suoi eredi e successori. Don Agatino morì a Catania il 23 gennaio 1675, all’età di 81 anni. (Fonti: “Acate e il suo Santo che Sorride”, edito nel dicembre 1996 da don Rosario Di Martino).