22 Novembre 2024

ITALREPORT

Quotidiano on-line

Acate. Finalmente restaurato dal Maestro Saro Morando l’antico Fercolo di San Giuseppe.

Salvatore Cultraro, Acate (Rg), 22 novembre 2024.- E’ ritornato al suo antico splendore, dopo circa 60 anni di inoperosità e di abbandono, per le sue, ormai, pessime condizioni e pertanto con la reale possibilità di essere demolito e diventare legna per stufa o camino, l’antico Fercolo di San Giuseppe, abbandonato in un deposito di piazza Calvario, di proprietà della parrocchia di San Nicolò. Il vero e proprio “miracolo” della sua “rinascita”, si deve alla professionalità, alla gratuita operosità ed all’amore verso ciò che riguarda il nostro glorioso passato, del Maestro d’Arte, nonche dipendente INPS in pensione, Saro Morando, non nuovo a simili iniziative in favore dell’unica parrocchia acatese. Non ultima la splendida e perfetta “opera” di asportazione di un vecchio altare del 1600, donato alla parrocchia  dai proprietari dell’antico caseggiato, ubicato in una chiesetta di contrada Pirrera e ricollocato fedelmente sull’altare Maggiore della Chiesa Madre di Acate, in sostituzione del precedente, ormai malconcio, in occasione del maestoso ampliamento del principale luogo di culto acatese.  Pertanto, ll maestro Morando, mentre esegue gli ultimi ritocchi alla sua opera, che dovrebbe essere inaugurata in occasione dei prossimi festeggiamenti in onore di San Giuseppe, il prossimo 19 marzo 2025, si dice rammaricato di non aver potuto avviare il restauro anni addietro, quando gli era stato proposto dall’emerito e compianto parroco, don Rosario Di Martino. “Un giorno- racconta l’artista- padre Di Martino mi chiese se fossi stato disposto  a restaurare un un vecchio e malconcio Fercolo, di particolare bellezza e dal glorioso passato, risalente al 1912, realizzato dagli artigiani ragusani,  lo scultore Salvatore Licitra e gli indoratori Ignazio e Giuseppe Sampieri, padre e figlio, utilizzato durante le processioni per trasportare il simulacro di San Giuseppe. Inizialmente dissi di si ma, come appena visionai di persona l’elemento da restaurare e mi resi realmente conto delle sue pessime condizioni, quasi impaurito, preoccupato e confuso per l’immane lavoro da eseguire, scemò in me tutto l’entusiasmo iniziale e, cercando delle vaghe scuse, lasciai cadere nel nulla la proposta”. “Recentemente- continua il Maestro Morando- sono stato contattato dall’amico, nonchè consigliere comunale, dottor Luigi Denaro, anche lui grandissimo appassionato ed estimatore di arte, il quale mi ha riproposto di effettuare il restauro del Fercolo, assicurandomi la sua collaborazione. Il sapere di non essere da solo mi ha rincuorato e quindi questa volta ho accettato, pienamente convinto di riuscire nell’operazione. L’amico Luigi è riuscito a trovare anche uno sponsor finanziatore e quindi mi sono immediatamente dedicato al restauro, lavorando completamente da solo e dedicando il tutto nel mio cuore al compianto Padre Di Martino che desidererei tanto potesse essere presente per poter osservare la sua, immagino, immensa felicità per la realizzazione di un opera da lui tanto desiderata e voluta. Infine è arrivato anche lo “sta bene” da parte dell’attuale parroco, don Mario Cascone ”. Un restauro che ha impegnato attivamente il Maestro Morando per più di due mesi in quanto non si è limitato solo a riprendere e rifare i vari ornamenti riportandoli alla originaria lucentezza, nonchè tutto l’impianto di luci, ma è anche intervenuto, con grande professionalità nel consolidamento della ormai pericolante struttura globale del Fercolo. Il Fercolo è una portantina, molto comune nelle nostre parrocchie, che come dicevamo viene utilizzata per portare in processione simulacri di Santi e prende il suo nome dal termine latino fercŭlum, che identificava un analogo strumento utilizzato nell’antichità per trasportare le immagini degli dèi o le spoglie dei nemici vinti. In Sicilia, ispirandosi al modello più antico, quello di Catania, tende ad assumere l’aspetto di un tempietto costituito da una alta base poggiata su assi o fissata a corde mediante anelli atti al trasporto, colonnine (in numero di quattro o sei) e una copertura che può essere piatta o a cupoletta. E’ durante l’epoca Barocca, che nascono veri e propri gioielli d’arte, atti al trasporto delle immagini dei Santi durante le processioni.

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