Salvatore Cultraro, Acate (Rg), 10 maggio 2024.- Anche i brutti ricordi, purtroppo….fanno parte dei ricordi. Spesso sono lezioni di vita, spesso sono momenti indelebili, come quelli che di seguito racconterò, nonostante siano trascorsi già dodici lunghissimi anni. Nel settembre del 2011, dopo circa dieci anni di “supplenze” in quasi tutte le scuole della parte occidentale della provincia di Ragusa, arriva finalmente, per mia moglie, il tanto atteso “ruolo” nella scuola Primaria, non in Sicilia ma, in terra emiliana (anche se successivamente conseguito, terminato l’anno di prova, nel giardino della scuola primaria di San Possidonio al riparo di una piccola tenda). Pertanto ad ospitarla sarà un piccolo centro in provincia di Modena, a circa un paio di chilometri dal confine con la Lombardia e precisamente con la provincia di Mantova. Un veloce consulto familiare e quindi la decisione di trasferirci tutti al “Nord”. Tante le attese, tante le incognite, tante le speranze che, dopo appena otto mesi, in pochissimi secondi stavano per svanire nel nulla… Un tragico evento, infatti, il 20 e 29 maggio 2012, stava per cancellare tutto….come si evince dal racconto che segue, richiestomi e pubblicato, anni addietro, dal “Giornale della Protezione Civile”, in quanto all’epoca non avevo ancora avviato la mia collaborazione con Italreport, e che oggi, pertanto, ripropongo. Oggi che, purtroppo, quasi quotidianamente, non si sente parlare altro che di continue “scosse telluriche” in varie parti della nostra Penisola. Scosse, fortunatamente, senza gravi conseguenze. Il mio augurio, pertanto, è che mai nessuno possa vivere tali tragiche situazioni come accaduto a me e alla mia famiglia facendoci ritrovare, per ben due volte, faccia a faccia con, “sora morte”, completamente inermi, indifesi, vulnerabili, senza più nulla di tuo se non i soli vestiti che indossi. In quei momenti, assurdamente, ti mancano solo le cose più semplici, non ti manca il cibo, perchè lo stomaco si è chiuso e non hai alcuna voglia di mangiare, ti manca una forbicina, ti manca uno spazzolino per denti, ti manca un sorso di caffè ti manca, per chi fuma, una sigaretta. Buona lettura.
IL GIORNALE DELLA PROTEZIONE CIVILE
“Salvatore e la moglie vivono e lavorano a Concordia sulla Secchia, nel modenese. La notte del 20 maggio 2012 e la mattina del 29 cambiano radicalmente il corso delle loro vite. Il terremoto, il terrore, la casa distrutta, le riflessioni sul senso della vita, poi la decisione di tornare alla terra di origine, la Sicilia
Sabato 19 maggio 2012…un normale giorno di fine settimana come tutti gli altri. Solite cose…la spesa al supermercato nel pomeriggio, la messa pre festiva alle 18,30 in cattedrale, la cena, un giro con gli amici…il clima è invitante, sembra quasi una sera d’agosto, da qualche giorno, infatti, le temperature si mantengono abbastanza alte, sfiorando in alcuni casi, i 33 gradi. Quindi il rientro a casa. Una bella abitazione in pieno centro storico che si affaccia da un lato sulla piazza principale, “Piazza della Repubblica”, a qualche metro dal seicentesco palazzo municipale mentre sul retro si ammira lo splendido giardino comunale. La serata è mite e quindi con mia moglie decidiamo di restare ancora un po’ svegli a guardare la tv sdraiati sul divano, in attesa che rientri nostro figlio da Mirandola dove si era recato con alcuni amici per assistere a un evento. Verso l’una io e mio figlio, nel frattempo rientrato da Mirandola,vinti dalla stanchezza e dal sonno, decidiamo di andare a dormire, mia moglie, invece, si sofferma ancora un po a guardare la TV. Appena il tempo di assopirmi quando all’improvviso vengo svegliato da mia moglie, visibilmente agitata: “il terremoto…il terremoto…c’è stata una scossa l’ho sentita tremava tutto…!”. Cerco di rassicurarla dicendole che forse si è trattato del rumore di qualche auto o camion nella notte che passando, li vicino, ad alta velocità, avrà fatto vibrare gli infissi. Anche se, a dire il vero, seppure assonnato qualcosa di strano lo avevo percepito anche io. Per sicurezza mi alzo, mi affaccio alla finestra che dà sulla piazza, ma fuori è tutto tranquillo. Ci sono solo dei giovani che fanno baldoria in un pub di fronte casa. Questo mi rassicura e torno a dormire. La mia calma sarebbe durata, purtroppo, solo poche ore. Nel cuore della notte, infatti, appena pochi minuti dopo le 4, veniamo svegliati da qualcosa di tremendo, di indescrivibile, di spaventoso…. un rumore assordante…quasi simile a quello di un treno in corsa, drammaticamente interminabile! Tutto trema…aprendo gli occhi capisco immediatamente che si tratta di una fortissima scossa di terremoto. Il rumore assordante continua…sembra non voler finire mai. La casa ondeggia paurosamente…con mia moglie, mentre cerchiamo di proteggere nostro figlio, attendiamo che da un momento all’altro tutto ci crolli addosso. Istintivamente entrambi, impietriti dalla paura, incominciamo a gridare… “basta…basta…basta…” senza sapere neanche noi queste invocazioni a chi siano rivolte.
Finalmente, ritorna il silenzio…cerchiamo velocemente, al buio, qualcosa da portar via per coprirci alla meglio. Per fortuna dopo pochi secondi la luce ritorna…ci guardiamo intorno impauriti…la scossa tellurica ha lasciato vistose ferite sulle pareti della casa! Mentre cerchiamo di prendere l’indispensabile da poter portare via con noi…la casa riprende ad ondeggiare…un’altra scossa…qualche secondo di pausa…ed il tutto trema ancora…non c’è tempo da perdere…bisogna scappare anche in pigiama! Gli amici del primo piano ci urlano di far presto di scendere…altre vistose ferite lasciate dal sisma sulle pareti delle scale ci fanno gelare il sangue nelle vene. Finalmente fuori. Saliamo sulle macchine degli amici e via di corsa verso gli spazi aperti e sicuri della periferia. Ci sentivamo scioccati, storditi, increduli…non ci rendevamo ancora conto se si fosse trattato di un brutto sogno, di un incubo…o di drammatica realtà. Purtroppo era realtà perché la terra continuava a tremare, non accennava a placarsi. Questa volta le sensazioni erano meno drammatiche…,non c’era il pericolo, infatti, che ci crollasse addosso qualcosa, ma sempre devastanti. Ci sembrava quasi che qualcuno, nascosto sotto l’asfalto, ci spingesse verso l’alto.
Momenti terribili ma anche….lezioni di vita. Sono queste, infatti, le situazioni che ti fanno riflettere sulla fragilità e precarietà della nostra esistenza. Fino a qualche ora prima stavo a preoccuparmi per i soliti problemi quotidiani che mi assillano. Cercavo soluzioni, progettavo, programmavo il futuro. Ero interamente preso dagli affanni, dalle incognite, dalle speranze del passato e del futuro. Eppure sarebbero bastati pochi secondi per annullare tutto. Per annientare i miei rimpianti e le mie speranze. Ed è a questo punto che ti poni la classica domanda..”ne valeva la pena?”. “Mi stavo disperando senza sapere che forse…dopo qualche ora tutto sarebbe finito per sempre”.
E allora riscopri la voglia di vivere, ti imponi di essere diverso, di affrontare il tutto con più superficialità.Solo dopo aver intravisto la morte, solo dopo aver percepito il suo gelido soffio…riesci, forse, a dare un vero senso alla vita. Verso le 6 del mattino, ripresici dallo spavento, con mia moglie decidiamo di fare una veloce capatina a casa. Nella fretta di fuggire abbiamo lasciato tutto li…telefoni…indumenti…
La luce del giorno ci aiuta a vivere in modo meno traumatico il momentaneo rientro. I nostri occhi si soffermano sulle vistose crepe sui muri delle scale…sulle ante spalancate dei nostri armadi, sugli indumenti riversi sul pavimento…oggetti rotolati giù dai mobili…frammenti di vetro…mobili lontani parecchi centimetri dal loro luogo usuale…il frigorifero quasi schiacciato contro la parete…frammenti di intonaco sparsi ovunque…e quelle vistose crepe…! Prendiamo in fretta tutto quello che può servirci per l’immediato, ci vestiamo e di corsa nuovamente fuori. Lo spettacolo all’esterno è terrificante.
Un giovane di colore giace sdraiato sul selciato in una pozza di sangue. Preso dal panico al momento del sisma si è lanciato da una finestra sita al primo piano dello stabile dove abitava in via Pace. Un medico cerca di prestargli le prime cure…gli amici atterriti lo accarezzano e cercano di rassicurarlo…si attende una ambulanza che tarda ad arrivare… in quanto tutti i mezzi di soccorso sono impegnati. La luce del giorno rende ora evidenti tutte le ferite del violento sisma. Crolli all’interno del palazzo municipale, nei pressi dei caratteristici portici del corso principale. Artistici palazzi, sfregiati dalla furia della natura, monchi di alcune loro parti frantumatesi al suolo. Nulla è stato risparmiato, né la caserma dei carabinieri ubicata in un caratteristico edificio di epoca fascista, l’ex casa del fascio, tanto da costringere i militari a coordinare le operazioni di soccorso, accampati in mezzo alla strada perché una torretta dell’edificio, visibilmente inclinata, rischia di crollare sulla caserma. Nè il teatro comunale…ne la chiesa parrocchiale di San Paolo. Quella stessa chiesa dove la sera precedente avevamo assistito alla Santa Messa…ora è ricolma di macerie. L’arciprete, don Franco Tonini…resta immobile…impietrito davanti alle macerie…parte della “sua chiesa” è venuta giù…quella chiesa che per lui era tutto…quella chiesa che aveva cercato di rendere sempre bella ed accogliente, spesso a proprie spese donando ingenti somme. Quasi in lacrime mi dice… “è se tutto ciò fosse accaduto durante la celebrazione di una delle messe domenicali? Sarebbe stata una strage…sai bene quanti giovani affollano le nostre funzioni… oggi Concordia avrebbe pianto tantissimi suoi figli…”. Nonostante tutto, dobbiamo ritenerci fortunati. Le notizie che arrivano dai centri vicini, distanti solo pochissimi chilometri, sono terrificanti!!! Parlano di morte e distruzione a Finale Emilia…San Felice sul Panaro…Sant’Agostino!!
Intanto ci sistemiamo a casa di un parente dei nostri amici. Una accogliente e sicura villetta sita in periferia. Nel pomeriggio, verso le 15 con mia moglie decidiamo di ritornare a casa nuovamente per cercare di sistemare tutto ciò che è venuto giù e dare una ripulita. Rientrare a casa non è una sensazione piacevole ma…bisogna farlo. Iniziamo a pulire..sistemare…decido anche di preparare un po di caffè…ma ecco che la terra ricomincia a tremare nuovamente con violenza. Una scossa del 5° grado ci costringe a cercare immediato riparo sotto un tavolo. Pochi secondi è tutto finisce. Ormai ci stiamo quasi abituando a queste continue e violente scosse che stanno mettendo a dura prova il nostro sistema nervoso. Comunque è meglio andare via…il ricordo della notte precedente è ancora forte…intenso…drammaticamente vivo! Con gli amici decidiamo di non rientrare per la notte, il rischio è molto alto…le scosse continuano a susseguirsi con paurosa cadenza. E così trascorriamo la notte sistemandoci alla meglio. Avremmo voluto dormire fuori in macchina, ma le condizioni climatiche sono drasticamente mutate. Piove…c’è vento e fa freddo. Quindi decidiamo di sistemarci nei sacchi a pelo in prossimità dell’ingresso della villetta pronti a fuggire fuori in caso di nuove scosse. Scosse che nel corso della notte si sono ripetute numerose, anche se di lieve entità, e che in ogni caso, per fortuna, a causa della stanchezza non abbiamo percepito. All’alba la decisione di rientrare a casa. Bisogna vincere la paura…bisogna riprendere il contatto con la casa…dicono che le scosse dureranno ancora per giorni…in più di 24 ore se ne sono registrate quasi 180. Ci siamo sforzati di riprendere, con la quasi normalità di prima, la nostra vita quotidiana. Anche se il nostro sistema nervoso, ormai sensibilmente scosso e provato, sussultava ad ogni minimo rumore. Abbiamo cerato di convincerci che tutto, forse, stava ritornando alla normalità…forse perché era ancora giorno….ma durante la notte cosa sarebbe accaduto?Saremmo riusciti a vincere la paura dell’ignoto, la paura di qualcosa che ti colpisce ed annienta all’improvviso senza alcun preavviso…che ti coglie impotente nel sonno?
testo di: Salvatore Cultraro
nota:
Salvatore Cultraro e la famiglia sono rientrati in casa ma solo per pochi giorni: la successiva violenta scossa del 29 maggio ha reso la loro casa del tutto inagibile. Vengono quindi alloggiati nel campo di accoglienza della Croce Rossa, ma nel frattempo prendono la decisione di tornare nella loro terra di origine, la Sicilia. Il 2 luglio 2012 lasciano Concordia e rientrano ad Acate, nel ragusano. La moglie di Salvatore Cultraro, insegnante elementare, passerà suo malgrado agli onori della cronaca come la”maestra eroina”, quella che ha salvato tutti i suoi alunni durante la scossa del 29 maggio. Media locali, nazionali e tv esaltano il suo gesto: ma l’ improvvisa notorietà disorienta la maestra che definisce tanto clamore “esagerato ed eccessivo” in quanto, afferma: “non ho fatto nulla di eccezionale ma solo ed esclusivamente il mio dovere”.
Ringraziamo Salvatore Cultraro, giornalista, per aver acconsentito di condividere con noi la sua storia”.
