Salvatore Cultraro, Acate (Rg), 16 settembre 2023.- Sono ormai trascorsi circa quattordici anni dalla sospensione del “Palio di Acate” da parte delle autorità di Pubblica Sicurezza al fine di evitare “possibili scommesse clandestine, somministrazioni di sostanze stupefacenti e stimolanti ai cavalli per aumentarne il rendimento in gara, con spesso il conseguente decesso dell’animale, ed infiltrazioni mafiose”. Situazioni queste che nel corso delle ultime Edizioni dell’evento folcloristico, legato ai festeggiamenti in onore di San Vincenzo Martire, che si teneva, per tre giorni, dal venerdì alla domenica, sul centralissimo Corso Indipendenza, erano ormai, purtroppo, pericolosamente sempre più frequenti. Una grande mancanza per gli acatesi, quella del Palio. Una gara equestre che con molta probabilità, come ci ricorda il compianto parroco don Rosario Di Martino nella sua enciclopedica opera “Biscari ed il suo Martire che sorride”, “affondava le sue radici nel tempo ormai lontano quando il Principe, per saggiare e dimostrare il valore dei suoi cavalieri, per suo diletto personale, della corte e dei vassalli, offriva la possibilità di simili competizioni tipiche di paesi con origini feudali”. Esibizioni che generalmente si tenevano durante particolari festività e con l’arrivo del Corpo di San Vincenzo Martire, furono concentrate nei giorni della festa del Santo Martire. Sempre don Rosario, nella sua opera citata, ci dice: “Con l’andar del tempo, tale competizione nella mentalità popolare venne ad avere un carattere devozionale e ancora oggi si è convinti che San Vicienzu vo i cursi (San Vincenzo vuole le corse), e già dal primo momento in cui si iniziò a celebrare la festa del Santo, il Palio fu chiamato: i cursi di San Vicienzu”. Da un documento custodito presso l’Archivio di Stato di Catania, fondo Biscari- n.p. 387, si evince che chi doveva partecipare al Palio, doveva pagare una quota. Dai bilanci delle feste, ad iniziare dal 1723, infatti, una delle voci delle entrate era quella dei palii, il cui introito si aggirava intorno alle 50 onze. Inoltre sappiamo che i palii erano tre, in base agli animali che vi partecipavano: giumente, cavalli e muli. A dimostrazione di ciò don Rosario Di Martino riporta, nel suo volume, un piccolo contratto di lavoro stilato il 18 marzo 1722, all’inizio dei festeggiamenti in onore di San Vincenzo: “Un certo Gaetano Rizza di questa terra del Biscari s’impegna di lavorare alle dipendenze di un certo Nigita per un anno continuo e c ompleto a patto che, oltre alla paga di tre onze e sei tarì, prometta al figlio suo Innocenzo, ancora ragazzo di poter fare la Corsa di San Vincenzo dell’anno 1723 prossimo venturo”. (Archivio di Stato di Modica, fondo notarile- Carlo Molè- n. 583 vol. 5.)