Salvatore Cultraro, Acate (Rg), 25 gennaio 2020.- La comunità di Acate ha sempre avuto una particolare predilezione per il teatro. Esempio pratico ne sono gli appuntamenti che si tenevano, con assiduità, fino a qualche anno fa durante il “Settembre a Biscari”, con le più che decennali rassegne teatrali, inizialmente rappresentate in Piazza Libertà e successivamente nel baglio del settecentesco castello dei Principi di Biscari. Rassegne, quasi sempre dialettali, con compagnie provenienti da tutta la Sicilia, che registravano puntualmente il pienone di attenti e divertiti spettatori. Il tutto organizzato impeccabilmente da una ben nota compagnia teatrale locale: “Hobby Club”. Una passione inculcata agli acatesi fin da piccoli, grazie anche all’impegno profuso a scuola dall’insegnante in pensione di scuola Primaria, Pietro Mezzasalma. Oggi purtroppo Acate non dispone di un Teatro Comunale. Più volte in passato si era tentato di convertire in palcoscenico teatrale stabile, la Chiesa sconsacrata dell’ex Convento dei frati Cappuccini. Purtroppo senza successo forse per lo scarso interesse di chi avrebbe dovuto occuparsene. Sappiamo, però, che nel Settecento, Biscari (antico nome di Acate), era dotata di un proprio teatro: “Il Teatro della Nobile Terra di Biscari”, come si evince da alcuni documenti dell’epoca, pubblicati nella sua opera, “Biscari e il suo Martire che sorride”, dall’emerito parroco, don Rosario Di Martino. In uno di questi documenti, conservati presso l’Archivio di Stato di Modica- Fondo notarile di Biscari- 1771 e 1772, e riguardante uno dei tanti permessi, finalizzati alla fruizione del Teatro, concesso ad un certo Antonino Ragusa del Bidine ed al fratello Liborio, compresa l’intera compagnia teatrale, si legge: “ Essi chiedono di dover fare rappresentare nel Teatro di questa nobile terra di Biscari due sorti di intermezzi di dilettanti di musica accompagnati da tre violini, due trombe da caccia e cembalo da principiare dalli venti del mese di febbraio per tutta la domenica di carnevale….per il prezzo li ditti si pagheranno nella Porta del Teatro dalli uditori ad esclusione di dovere fare entrare tre persone franghe per ogni comico paesano che dovrà rappresentare l’opera….”. La grande importanza che si dava all’epoca a Biscari alle rappresentazioni teatrali si evince ancora da una lettera inviata il 28 dicembre 1768 al Principe da un gruppo di amatori del Teatro per avere il permesso per recitare. Il Principe inoltre, non solo concedeva il permesso ma contribuiva anche alle spese con donazioni di frumento, (Archivio di Stato di Catania- Fondo Biscari- n. provvisorio 1095). “ Eccellenza, ben inteso che sia di singular piacere all’E. V. il coltivare la pace e l’armonia in questa sua terra…abbiam pensato concordemente di vuoler recitar un’opera di Metastasio all’oggetto di divertirci nel prossimo carnevale…non volendoci punto allontanare dal volere di V.E. e dalla suprema autorità che ha sopra di noi, habbiam risolto di pregarla direttamente acciò si benignasse qualor gli sarà a grado di concederci il permesso e far si che ci potessimo valere del magazzino delle cose che necessiterà a piantar il piccolo teatro bisognevole per la rappresentazione…Ci lusinghiamo che l’E.V. di tanto si compiacerà e col solito delle sue munificenze, qual Padre concorrerà cola solita contribuzione alle spese che abbisognano, con ordinar a questo magaziniero di consegnarci li tumuli otto di frumenti che l’E. V. in simili contingenze si è servito dare; tanto ci occorre e riverendola con ogni ossequi le baciamo riverentemente il ginocchio…”. Aiuti finalizzati al buon andamento del Teatro furono richiesti al Principe anche ad abolizione della feudalità ormai avvenuta. Come riporta don Rosario nella sua opera citata, infatti, nel 1840 il Sindaco dell’Università di Biscari, chiese al Principe di intervenire a sue spese per il restauro del Teatro. Una richiesta che non sappiamo se il nobile Paternò Castello accettò o meno e che probabilmente rifiutò, in quanto il 29 febbraio 1840, prima di concedere un eventuale contributo, preferì consigliarsi con il suo Procuratore, Paolo Bonaccorsi scrivendogli quanto segue: “Il sindaco di Biscari mi espone la utilità di alcuni acconci a quel Teatro. Farsi dalla nostra cassa un’opera voluttuosa non mi par questo il tempo…”