Salvatore Cultraro, Acate (Rg), 26 maggio 2021.- L’indimenticabile emerito parroco di Acate, don Rosario Di Martino torna a riaccendere sentimenti di affetto, riconoscenza e stima nei suoi ex parrocchiani. Un noto acatese, infatti, il signor Saverio Caruso, ex dipendente comunale nonché ex storico presidente di uno dei più prestigiosi sodalizi di Acate, la “Società operaia di Mutuo Soccorso”, ha inviato una missiva al sindaco, dottor Giovanni Di Natale, alla giunta comunale, ai consiglieri comunali, compreso il loro presidente Gianfranco Ciriacono ed all’attuale parroco don Mario Cascone chiedendo di intitolare a don Rosario una strada, una piazza o in alternativa una sala del settecentesco castello dei Principi di Biscari. “E’ il minimo che possiamo fare- si legge tra l’altro nella missiva- per ricordare il nostro amato parroco, don Rosario Di Martino, un grande uomo di Chiesa ed uno straordinario galantuomo”. Una proposta, quella del signor Caruso, accolta con grande entusiasmo da tutta la cittadinanza, autorità civili comprese. Unico problema, la momentanea non fattibilità della prestigiosa e lodevole proposta in quanto, l’emerito parroco è fortunatamente ancora in vita, anche se afflitto da gravi problemi di salute e, quindi, come fatto notare da alcuni fedeli, la legge italiana, in materia di intitolazione di strade ecc. prevede che debbano essere trascorsi almeno dieci anni dalla morte della persona destinata all’intitolazione. Salvo particolari deroghe, la cui autorizzazione sarebbe demandata al Prefetto. Per il momento, quindi, come suggerito da tantissimi fedeli sarebbe opportuno e prioritario pregare ardentemente per la salute dell’emerito parroco. Don Rosario Di Martino è figlio della vicina frazione comisana di Pedalino ma, “cittadino onorario di Acate”, dove ha guidato, per più di quarant’anni, fin dal 18 dicembre del 1976, l’unica parrocchia, quella di San Nicolò di Bari. Don Rosario ha sempre rappresentato l’ideale del sacerdote. Un sacerdote dal carattere schietto, istintivo, sincero, probabilmente non amante della “diplomazia” e nemico dell’ipocrisia, doti, queste, che lo hanno portato spesso a scontrarsi con i “poteri locali”. Il suo primo commovente commiato con la comunità cattolica acatese lo si è avuto il 16 ottobre del 2014, quando nel corso di una funzione tenutasi presso la Chiesa Madre di Acate, il Vescovo emerito della Diocesi di Ragusa, Monsignor Paolo Urso, comunicò ai numerosissimi fedeli presenti, il cambio di guardia alla guida della parrocchia. Don Rosario, per sopraggiunti limiti di età e per fastidiosi ed insopportabili problemi di salute, lasciò, pertanto, il testimone al nuovo parroco: don Giuseppe Raimondi. Nei circa quarant’anni di attività pastorale, don Rosario, ha sempre operato, con instancabile impegno. La sua lunga permanenza ad Acate, infatti, è stata caratterizzata non solo da una encomiabile opera di evangelizzazione, ma anche da iniziative culturali ed umanitarie. Si deve alla sua tenacia se oggi Acate può disporre pienamente di tre accoglienti Chiese, spesso in passato chiuse al culto per lunghi periodi a causa delle precarie condizioni strutturali. Ma don Rosario non si è mai arreso davanti al “Drago” rappresentato dalla macchina burocratica e, da buon guerriero, rimboccatosi le maniche, grazie all’aiuto di numerosissimi volontari ed al sostegno economico volontario dell’intera comunità cattolica locale, ha sempre fatto si che le chiese venissero ristrutturate nel minor tempo possibile riconsegnandole, più belle di prima, ai propri fedeli. Non solo, dicevamo, attività pastorale ed evangelizzazione ma anche cultura. Grazie ai suoi decennali minuziosi ed accurati studi ed alle sue instancabili ricerche storiche che lo hanno portato a visitare numerosissimi archivi privati e non, sia in Sicilia che in altre località nazionali ed estere, alla ricerca di fonti e documenti inediti, Acate è riuscita a scoprire e recuperare la propria storia, le proprie tradizioni, le proprie radici. Al suo impegno culturale e religioso si deve anche l’aver sfatato una leggenda, più che centenaria, legata alla figura del Santo Martire Vincenzo, le cui spoglie mortali sono custodite, dal 1700, in una splendida urna di cristallo di Boemia posta sull’altare maggiore dell’omonima chiesa. Grazie alle accurate ricerche di don Rosario, suffragate da documenti attendibili e da riscontri scientifici è emerso che il corpo venerato nella chiesa annessa al castello dei Principi di Biscari, apparterrebbe ad un diacono di Saragozza, fanaticamente venerato nella cittadina spagnola, martirizzato sotto Diocleziano: San Vincenzo Martire diacono di Saragozza, e non al figlio di un emiro turco.