23 Novembre 2024

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Acate. “San Vincenzo Martire e la Conchiglia spagnola di San Giacomo”.

Salvatore Cultraro, Acate (Rg), 23 aprile 2016.- Sulle origini spagnole di San Vincenzo Martire sembrano non esserci ormai più dubbi. Grazie, infatti, alle dettagliate indagini storico-scientifiche portate avanti per decenni dall’ex parroco di Acate don Rosario Di Martino, sembrerebbe, scientificamente provato, che le reliquie esposte, a partire dal 1700, sull’altare maggiore della Chiesa di San Vincenzo ad Acate, annessa al castello dei Principi di Biscari, appartengano al Diacono Vincenzo di Saragozza, martirizzato in Spagna nel 304 d.C. durante le persecuzioni contro i cristiani ad opera dell’imperatore Diocleziano. Oltre agli esami medico-scientifici e ad altri inconfutabili dati ed elementi che attribuirebbero al quasi cento per cento le reliquie custodite ad Acate al Diacono di Saragozza, don Rosario, a suffragio di tale tesi e, quindi, dell’origine spagnola di “Vincenzo”, evidenzia anche alcuni, “elementi simbolici” presenti sull’urna che custodisce le spoglie mortali del Santo, ovvero la frequente presenza della, comunemente detta, “Conchiglia di San Giacomo”. La conchiglia di San Giacomo, infatti, è, da sempre, il simbolo del “Pellegrinaggio” nella città di Santiago de Compostela. La conchiglia doveva essere cucita sul mantello o sul cappello ed era l’indicazione o il simbolo da mostrare a tutti che il “Pellegrino” aveva raggiunto e visitato la tomba di San Giacomo nella regione della Galizia, in Spagna. Nella sua opera, edita nel 1996, “Biscari e il suo Martire che sorride”, don Rosario, infatti, scrive: “Altro elemento utile a provare la provenienza di San Vincenzo dalla Spagna è costituito dalle conchiglie scolpite sull’urna. Se ne vedono quattro alla base, poste sugli spigoli, una sotto il Monogramma di Cristo che sormonta l’urna (Foto1) e l’altra all’altezza dell’apertura del coperchio, in tutto sei conchiglie”. Quindi, don Rosario cerca di spiegare, sempre nell’opera citata, le motivazioni che avrebbero indotto l’artista che realizzò l’Urna a Roma, dove non era presente la dominazione spagnola, a scolpire sull’urna questo numero elevato di conchiglie. “L’artista- si legge nell’opera citata- se ha introdotto tra gli elementi decorativi delle conchiglie, l’ha fatto proprio per evidenziare la nazionalità spagnola del Santo”. “Nel Dizionario Enciclopedico Italiano della Treccani- continua don Rosario- alla voce conchiglia si legge che essa è il simbolo araldico della Spagna. E’ da pensare che l’artista abbia voluto, con questo elemento simbolico, presentare il Martire San Vincenzo come l’Araldo della Spagna, Colui che rappresenta la Spagna”. Tesi che, sinceramente, non ci sentiamo di “sposare in toto”. Probabilmente le reali intenzioni dell’artista romano che nel 1700 scolpì l’urna lignea che custodisce, ancora oggi, le spoglie mortali del Santo, potrebbero essere state queste, ma viene spontaneo avanzare alcune osservazioni e considerazioni. La “conchiglia”, da sempre elemento legato all’acqua, è stata utilizzata nelle arti figurative fin dall’antichità. Nell’arte Funeraria Romana e poi in quella Cristiana, la conchiglia è posta come simbolo di vita e di resurrezione. Nel mondo Cristiano la conchiglia, simboleggiando la rinascita e la purificazione spirituale, è legata al Battesimo (rinascita nella Grazia) ed al pellegrinaggio (viaggio di purificazione). Per tale motivo le Fonti Battesimali, le acquasantiere ed oggetti legati a riti di purificazione spesso hanno la forma di conchiglia, come nel caso dell’acquasantiera della Chiesa Madre di Acate (Foto 2). Spesso capita nelle nostre chiese di vedere il simbolo della conchiglia riprodotto in varie situazioni pittoriche e decorative essa, infatti, è rappresentata in quasi tutti gli altari sia della Chiesa di San Vincenzo (Foto 3) che di San Nicolò (Foto 4), oltre che sul portale dell’antica facciata dell’ex Abbazia di San Giuseppe, ancora visibile nell’omonima via (Foto 5), su due finestre dei locali della sacrestia della Chiesa Madre (Foto 6) e sul Busto marmoreo presente nella Chiesa di San Vincenzo raffigurante il principe Vincenzo Paternò Castello (Foto 7). Come già evidenziato, la conchiglia ha rivestito un significato legato anche alla resurrezione e quindi alla tomba. A tal proposito è possibile vederla, vistosamente rappresentata, come elemento decorativo, su alcune cappelle funebri gentilizie del cimitero di Acate (Foto 8), compresa la chiesetta del luogo sacro (Foto 9), che non hanno nulla a che vedere con la dominazione spagnola essendo state edificate nei primi decenni del 1900. La funzione decorativa della conchiglia, in particolar modo del “Pecten”, è stata poi sfruttata in molti ambiti architettonici, per ornare facciate di case, soffitti, capitelli, colonne e fontane, vedasi la sua frequente presenza, quale ornamento, sull’ex palazzo Mangano in via XX Settembre ad Acate (Foto 10) e su altre numerosissime abitazioni private sparse nel centro storico cittadino (Foto 11-12). Semplici considerazioni, queste, che nulla tolgono all’ormai scientificamente provata origine spagnola del Santo anche se, a mio modesto ed umile parere, le conchiglie scolpite sull’urna, più che voler rappresentare, la provenienza spagnola del Diacono Vincenzo, sono legate, in modo generico, alla simbologia Cristiana.

 

 

 

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