Esce oggi, 18 luglio, il romanzo dal titolo “Io non c’ero. Cosa sanno i giovani di Falcone e Borsellino” firmato da Nicolò Mannino, presidente del Parlamento della Legalità Internazionale,e Pino Nazio giornalista Rai e scrittore, per le Edizioni Ponte Sisto di Roma. Il romanzo esce proprio alla vigilia dell’anniversario della strage di via D’Amelio dove persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta.
Tra le numerose iniziative editoriali in occasione dei 25 anni dalle stragi di Capaci e via D’Amelio, questa pubblicazione ha una particolarità: è rivolta ai giovani ed è fatta in parte da giovani. Molte sono le scuole che hanno deciso di adottare il libro come testo base per far conoscere la mafia.
Con l’introduzione del ministro della Giustizia Andrea Orlando, il libro si avvale di preziosi contributi, da quelli della giornalista Anna Germoni, a Giovanni Buttarelli che ha lavorato con Falcone al ministero di via Arenula, fino alla trascrizione del racconto del presidente del Senato Pietro Grasso sull’attentato a cui è scampato per un caso, subito dopo le stragi del ’92.
Nel libro sono riportati gli appunti originali che Borsellino ha consegnato a Mannino nel corso di un incontro in una scuola di Palermo e, compaiono i verbali inediti del Consiglio Superiore della Magistratura desecretati in occasione dell’anniversario di Capaci.
Il libro riporta anche i risultati di una ricerca, condotta mediante la somministrazione di un questionario sulla mafia, cui hanno partecipato centinaia di ragazzi, da Palermo a Napoli, da Taranto a Bergamo.
“La ricerca – dice Pino Nazio – è basata su un questionario simile a un’altra indagine sociologica condotta 20 anni fa. All’epoca c’erano tra i giovani, soprattutto in Sicilia, quelli che avevano nei confronti dei mafiosi un sentimento di ammirazione, di rispetto. Oggi questo sentimento non c’è più. Se si escludono pochissimi casi, negli oltre 1.500 ragazzini intervistati è chiaro un senso di rifiuto della mafia e dell’omertà. Forse è cambiato il modo in cui le grandi agenzie formative descrivono il fenomeno mafioso, basti pensare alle polemiche degli anni passati su fiction come ‘Il Capo dei capi’. La ricerca conferma – in una risposta a scelta multipla – che i ragazzini hanno sentito parlare di mafia soprattutto in tv (88%), poi a scuola (57%), attraverso Internet (42,7%), in famiglia (39,3%) e tra gli amici (23,3%)”.
Significativi alcuni pensieri dei giovanissimi presenti nel libro, c’è chi scrive che la mafia “È quella situazione violenta che si crea quando il popolo ha fame e non trova aiuto nello Stato”, chi, pessimisticamente, nota che “La mafia è tutto ciò che ci circonda”, oppure “Coloro che hanno pieno potere sugli altri”, ma anche “Un polipo i cui tentacoli si diffondono ovunque e arrivano in ogni ambito”. Marco, terza media, afferma che “Anche posteggiare in doppia fila, credendosi più furbi e ritenendo che tutto ci sia sempre dovuto, è un atto mafioso che rivela un atteggiamento di prepotenza e di superiorità rispetto agli altri ed anche rispetto alle leggi”; e Noemi dedica ai due magistrati un rap: “La mafia ferisce/Con una pistola ti colpisce,/hanno ucciso Falcone e Borsellino/con la precisione di un cecchino./I magistrati cercano di avvicinarsi alla verità/Con qualche paura e molte difficoltà/Tante volte in aria son saltati/Perché secondo la mafia andavano eliminati./Purtroppo la mafia è ancora a Palermo,/e possiamo eliminarla solo combattendo”.
Da Bagheria Riccardo, tredici anni, ”La mafia non sente, non parla, non vede; noi giovani, invece, vogliamo sentire, parlare e vedere perché vogliamo essere liberi”; Sabrina, di un anno più grande, ”Adesso ho capito che i veri eroi non salvano principesse dal drago o indossano una calzamaglia. I veri eroi siete voi!”. Anche i nuovi italiani conosco Falcone e Borsellino, afferma Harcha, anni 17, proveniente dal Marocco, “Dal primo giorno che sono entrata in Italia, ho sentito la vostra storia. Io sono fiera di essere in un paese come questo dove suoi uomini sono così forti e ci difendono senza avere paura”; e Gabriel di 15 anni del Ghana: “Prima di conoscerli ero un bambino che si faceva calpestare facilmente invece dopo aver conosciuto la loro storia ho imparato che bisogna lottare per la propria libertà fino all’ultimo respiro di vita”.