Roma, 17 ottobre 2014 – “Per essere più credibili nella critica e nella proposta alternativa che avanzeremo, dobbiamo essere onesti nel riconoscere alle legge di stabilità una qualche inversione di tendenza e qualche scelta positiva (Irap e confronto con l’Europa)“. Inizia così la nota inviata alla stampa del Presidente della Commissione Finanze della Camera Daniele Capezzone.
“Ma resta – continua Capezzone – una critica di fondo, che per me prevale su ogni altra valutazione: Renzi si è fermato a metà, e questo intervento non produrrà il necessario choc positivo nei consumi e nella domanda interna. Non vedo prospettive di ritorno alla crescita, perché questa manovra non basta.
E si aggiunge poi una mia prima serie di critiche specifiche, legate alle tasse occulte o comunque destinate a esplodere a seguito di queste legge di stabilità.
Cito le prime 7 pesanti criticità della manovra, a mio avviso.
- Resta la bomba Tasi (non toccata da questa legge di stabilità), con l’aliquota che può addirittura salire fino al 6 per mille nel 2015, in base a quanto decise Letta a fine 2013 e confermò Renzi a inizio 2014.
- C’è l’enorme rischio, ormai evidente a tutti, di tasse locali destinate a esplodere, con il ritorno dalla finestra (comunale e regionale) di quello che è uscito dalla porta nazionale.
- Ci sono pesanti clausole di salvaguardia: altre bombe destinate a esplodere contro i cittadini sotto forma di tasse future.
- Tfr in busta paga. C’è la libertà di scelta, ma l’anticipo è assoggettato alla più alta tassazione ordinaria (mentre, se preso alla fine, il tfr avrebbe una tassazione più vantaggiosa) e irrevocabile fino al 2018. Il che fa pensare a una misura per fare cassa. In sostanza è una trappola (sia pure volontaria): è un aumento e un anticipo di tasse sfruttando lo stato di necessità dei lavoratori in bolletta (“ti anticipo il tfr, ma ci paghi più tasse e anticipate, e me le assicuri per tre anni”). Resta poi la pesante incognita della sostenibilità per le piccole-medie imprese: resta da capire infatti come sarà l’accordo finale con le banche.
- Previsti 1,2 miliardi di nuove tasse su operazioni finanziarie. Colpita anche la previdenza integrativa, e questo è gravissimo: l’aliquota fondi pensione sale da 11,5% a 20% e su Casse di Previdenza da 20 a 26%. In sostanza, si colpiscono pensioni frutto di risparmio investito (e con la crisi, già si tratta di rendimenti piuttosto magri…).
- Previsto il taglio assurdo di 200 milioni al fondo che dovrebbe incentivare la contrattazione decentrata (quindi scelta contraddittoria con il tanto proclamato spirito del jobs act).
- Anche rispetto alla detassazione dei contratti a tempo determinato (nostra giusta idea), Renzi ha ristretto eccessivamente la platea di chi potrà essere assunto per quella via, e quindi la misura rischia di non funzionare (un po’ come accadde con Enrico Letta).
Su questo e molto altro, a mio parere, Forza Italia deve sfidare Renzi sul terreno della modernizzazione e del cambiamento liberale. Noi dobbiamo proporre più tagli di tasse e migliori tagli di spesa. Lavoreremo per questo“.