Carrubi malati negli iblei, l’On. Ragusa sollecita l’intervento dell’Università di Catania
Il coleottero che sta distruggendo i carrubeti dell’area iblea, l’on. Orazio Ragusa si rivolge anche all’Università di Catania: “E’ necessario che il mondo scientifico faccia quadrato per trovare una soluzione. La situazione sta diventando sempre più grave con il passare dei giorni”
RAGUSA – L’on. Orazio Ragusa ha scritto una lettera al rettore dell’Università di Catania e al preside della facoltà di Scienze e tecnologie agrarie chiedendo il loro autorevole intervento affinché possano essere individuate le soluzioni migliori per fermare l’insetto che sta letteralmente distruggendo il patrimonio della macchia mediterranea esistente nell’area iblea. Il riferimento è in particolare al carrubo che è stato preso di mira da un coleottero, il “bolstrico della vite” che attacca diverse essenze tra cui, oltre alla vite, da cui prende il nome, anche il carrubo, l’olivo e svariate specie forestali. “Valutato che l’assessorato regionale all’Agricoltura – sottolinea l’on. Ragusa – a cui mi ero rivolto nei giorni scorsi, non si è finora mosso nella maniera più puntuale possibile, rischiando questo ritardo di peggiorare il quadro della situazione, mi premuro di sollecitare l’attenzione degli accademici ai quali rivolgo una specifica richiesta per fare in modo che la questione possa essere debitamente analizzata dal punto di vista scientifico. Infatti, stando a quello che abbiamo finora appreso grazie all’intervento di alcuni agronomi, se non ci sarà un’azione tempestiva, che si rende necessaria trattandosi di un insetto molto aggressivo, rischiamo di perdere una specie arborea protetta del nostro territorio. Alla luce del fatto che non ci sono principi attivi autorizzati all’impiego sulle specie arboree in questione, essendo che l’unico mezzo per controllare il coleottero rimane la soluzione agronomica, chiediamo all’Università di Catania di mettere in campo, in maniera urgente, tutte le ricerche necessarie, di unire gli sforzi agli agronomi che hanno finora studiato il fenomeno, al fine di definire un percorso che possa liberare gli alberi da questa infestazione. Il grido d’allarme che ci arriva dagli agricoltori è sempre più accorato e non possiamo fare finta di niente. Tra l’altro, sono fortemente penalizzati anche tutti coloro che lavorano il carrubo. Gli operatori sono perfino disponibili a dare vita a una sorta di convenzione con gli istituti scientifici pur di arrivare a concretizzare qualche risultato. E’ arrivato il momento di fare quadrato, allo scopo di fermare questa ondata di distruzione che, altrimenti, è destinata a cambiare per sempre le caratteristiche specifiche del nostro paesaggio, ancora di più di quanto accaduto di recente con il punteruolo rosso per quanto riguarda gli insediamenti palmizi”.