Centro storico Catania, intervengono gli architetti
Nota del presidente dell’Ordine degli Architetti di Catania Giuseppe Scannella: «centro storico: ottimo lavoro degli enti ma legge regionale da rivedere». «L’assenza di una visione urbanistica potrebbe vanificare lo straordinario lavoro di catalogazione svolto da uffici tecnici, Soprintendenza e Genio Civile»
CATANIA – «Catania è la prima città siciliana ad adottare il piano che detta le norme per favorire il recupero del patrimonio edilizio di base dei centri storici, previsto dalla legge regionale 13 del 2015. Un primato reso possibile dall’abnegazione e dalla passione dei suoi funzionari, che hanno saputo mettere a frutto i tanti studi esistenti, producendo un lavoro immenso che ha visto la catalogazione di oltre 5500 edifici e oltre 400 isolati». Questo il commento del presidente dell’Ordine degli Architetti di Catania, Giuseppe Scannella, all’indomani della presentazione del “Piano di riqualificazione generale del centro storico”.
Un lavoro svolto di concerto con altri Uffici e Enti, quali la Soprintendenza e il Genio Civile, con l’obiettivo di tutelare e rilanciare il cuore della città: «Assistiamo una volta tanto a un esempio virtuoso della macchina pubblica – continua Scannella – si dice che questo piano darà certezza agli operatori economici e ai proprietari degli immobili, essendo così capace di innescare una complessiva opera di riqualificazione e messa in sicurezza di un tessuto urbano tanto bello, quanto delicato. In realtà le cose non stanno esattamente così e non per colpa di chi ha redatto il piano: intanto perché si tratta di un piano edilizio e non urbanistico, che guarda esclusivamente (e non poteva essere altrimenti visti i presupposti di Legge) ai fatti puntuali, ai singoli edifici e proprietari, tralasciando il “tessuto” storico, gli spazi e gli ambiti pubblici che lo strutturano, che poi sono i veri valori da salvaguardare. Poi perché, come spesso è accaduto in passato, le norme così come configurate appaiono superficiali e foriere di ulteriori complessità: il legislatore regionale ha ritenuto individuare ulteriori categorie e tipologie di intervento con altri passaggi burocratici aggiuntivi a quelli esistenti. Non solo, ma questi si sono dimostrati non sempre aderenti alla complessità dell’ambito urbano tant’è che, per ridurre le inevitabili incongruenze, i redattori dello strumento si sono trovati costretti a integrare alcune tipizzazioni edilizie e le conseguenti possibilità di intervento. Senza dimenticare che, se Catania ha potuto redigere lo strumento, difficilmente altri comuni siciliani avranno i mezzi e le possibilità di giungere allo stesso risultato».
La legge (e il conseguente strumento operativo) «appare poi inutilmente più restrittiva delle norme previgenti – conclude Scannella – in conseguenza, avremo forse più certezza di quello che si può o non si può fare ma, alla luce dei risultati della tipizzazione, per una gran parte del patrimonio edilizio da riqualificare, quello che si potrà fare, anche per l’assenza di elementi premiali, risulterà impraticabile dal punto di vista della sostenibilità e convenienza economica. Difficile quindi che si farà con buona pace dell’auspicata messa in sicurezza e riqualificazione generale degli edifici, a meno di singole, puntuali, operazioni che non avranno effetto sistemico. Problematiche queste che il sistema degli Ordini degli Architetti di Sicilia aveva per tempo evidenziato a un sordo legislatore. Oggi nel Governo della Regione Siciliana siede un nuovo assessore ai beni culturali, che forse ha compreso le incongruenze e le difficoltà indotte da questa Legge. A lui non faremo mancare apporti costruttivi affinché, finalmente, l’autonomia legislativa della Regione possa diventare, almeno in questo caso, un esempio finalmente positivo».