Vittoria. 22/11/2020
RICEVIAMO E INTEGRALMENTE PUBBLICHIAMO. Di Giuseppe Raffa (Pedagogista)
“Serve responsabilità di tutti, altrimenti i contagi non s’arrestano”, ha avvertito Filippo Dispenza, capo della commissione prefettizia in carica a Vittoria. Parole giuste, corrette, ma forse tardive, sicuramente inascoltate. Come quelle dei miei ripetuti appelli della scorsa estate. Ricordate? Attenzione, dicevo, i tanti, troppi comportamenti irresponsabili tenuti sia dai giovani che dagli adulti potrebbero determinare un conseguente, grave aumento dei contagi in autunno. Non mi sono sbagliato. Quei tanti, troppi comportamenti non responsabili hanno purtroppo contribuito a determinare l’impennarsi delle curve degli infetti e del numero dei morti a Vittoria. Dove a poco sta servendo la cosiddetta “zona rossa”, che per alcuni quasi non esiste, mentre per altri è solo un fastidioso optional, come spesso fanno notare i molti cittadini responsabili ed attenti al rispetto delle regole. Colpa dei giovani, si è detto a fine estate. Giovani privi di responsabilità e di senso civico. Vero. Sono stati tanti e sono ancora tanti i giovanissimi e i giovani locali che nonostante le restrizioni continuano a comportarsi come se nulla stesse accadendo. Grave, anzi, gravissimo. Che tuttavia non basta a giustificare per intero ciò che sta succedendo. Lo dimostra l’allarme dei vertici provinciali di Federfarma, per i quali nelle farmacie locali “si registrano costantemente presenze di soggetti affetti da Covid 19, che rischiano di provocare un esponenziale aumento della diffusione dei contagi”. Soggetti irresponsabili ed adulti, almeno nella maggior parte dei casi. Ecco il punto: adulti che si comportano come i giovani di cui sopra. Dunque “adultescenti”, cioè soggetti maturi completamente privi del senso di responsabilità e di giustizia. Adulti che coi giovani di prima sono gravemente indiziati in relazione all’aumento dei contagi da Coronavirus. Tutti colpevoli, nessun colpevole? Non proprio. Partiamo dai ragazzi. Molti dei quali si sono scatenati come i tori di Pamplona già nella scorsa primavera, dopo la fine del primo lockdown. E si sono comportati più o meno nello stesso modo a settembre e ottobre. L’allentamento delle restrizioni è stata la molla, la prolungata chiusura delle scuole sommata all’assenza dei genitori, cioè degli adulti di riferimento, è stata la conseguenza. Senza freni, senza limiti, senza responsabilità si sono assembrati nelle movide. E si sono contagiati. Ovviamente hanno portato il virus a casa. E altrettanto ovviamente hanno fatto ammalare genitori, nonni, gli zii. Non solo a Vittoria, è accaduto in gran parte d’Italia. Ma davvero è stata tutta colpa loro? No, ovviamente. A chi spettava spiegare che l’emergenza sanitaria non era finita e che pertanto occorreva prestare ancora tanta attenzione? Chi erano quei soggetti che col loro esempio avrebbero dovuto mettere in sicurezza i comportamenti dei giovani? Gli adulti competenti, of course. Cioè i genitori, seguiti dagli insegnanti, dai sacerdoti, dai rappresentanti istituzionali, dagli uomini dello sport, dello spettacolo e via dicendo. Tutti soggetti non pervenuti, o quasi. E il padre? Assente, ma non è una novità, purtroppo. Un vuoto grave, il suo. Un vero e proprio deficit educativo e di responsabilità. Perché lui è programma, intenzionalità, giustizia e appunto, responsabilità. Così andavano le cose nelle famiglie nel passato. Oggi il nuovo padre si occupa d’altro, è spesso impalpabile, mai autorevole, ha smesso di tramandare l’attitudine alla responsabilità. In una parola, non c’è. Un’assenza che emerge con chiarezza dai risultati della ricerca dal titolo: ”La famiglia al tempo del coronavirus”, quella che ho condotto in Sicilia con 5000 genitori di figli preadolescenti ed adolescenti, e che ho riportato nel mio ultimo libro “La quinta rivoluzione”. A partecipare allo studio è stato l’87,78% delle madri e solo il 12% dei padri. E gli altri? Inesistenti, abili ed arruolati solo nel fare gli amiconi dei figli. Con i quali sogliono porsi in simmetria. Gli piace mimetizzarsi nella cultura giovanile, sanno muoversi senza imbarazzo nella società cosiddetta senza adulti, dove il tempo della maturità e della saggezza ha lasciato il posto ad un mondo falso e illusorio di eterna giovinezza. Risultato, anzi risultati? L’aumento esponenziale dei bullismi a scuola, in strada, nel web, fino a ieri. La crescita dei contagi oggi. Un adolescente privo dei principi di responsabilità e di giustizia è soggetto refrattario alle regole, alle norme, ai decreti. Adulti irresponsabili crescono figli e giovani privi del senso di responsabilità e di giustizia. Lo dico da anni, ma in pochi mi hanno dato ascolto. In attesa del vaccino, per scongiurare la perdita di altre vite umane, servono responsabilità, senso civico, principio di giustizia. Nel suo libro del 1979 intitolato “Il principio di responsabilità”, Hans Jonas descrive benissimo il suo imperativo dell’etica della responsabilità : ”Agisci in modo tale che gli effetti della tua azione siano compatibili con la continuazione di una vita autenticamente umana”. Ecco il punto, una vita autenticamente umana non può prescindere dall’amor proprio e da quello verso l’altro, dal rispetto delle leggi e, nello specifico di oggi, del rispetto delle indicazioni sanitarie che ci giungono da chi ci governa. Mai come adesso servono giovani ed adulti che conoscano e sappiano applicare pedissequamente il principio di responsabilità. In Italia come nella nostra Vittoria. Dove siamo ancora in piena emergenza. E dove tutti devono fare la loro parte. Con una ritrovata, nuova, forte responsabilità. Ed anche con un nuovo padre. Un capofamiglia che sappia recuperare l’antica centralità nella educazione dei figli. Che come prima cosa significa riuscire ad inculcare nei figli i principi di responsabilità e di giustizia. Il “nuovo” padre deve conoscere anche i nuovi codici educativi e pedagogici utili ad affrontare le emergenze dei figli, i cosiddetti nativi digitali, quei ragazzi che molti genitori non capiscono e non educano. Servono padri, madri, adulti pronti al dialogo, portatori di esempi educativi, disponibili ad acquisire le nuove, necessarie competenze pedagogiche e tecnologiche. Ai ragazzi serve un padre autentico e presente. Un punto di riferimento stabile, vivo, fautore ed esempio dei principi di responsabilità e di giustizia. Senza padre non c’è famiglia, non c’è comunità. Mai scordarsene.
Dr. G. Raffa pedagogista