22 Novembre 2024

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Diffamazione a mezzo stampa il giudice da ragione alla giornalista e condanna il Comune di Vittoria.

Vittoria. 16/03/2017
Era il mese di marzo del 2009 quando la giornalista Concita Occhipinti veniva denunciata dal Comune di Vittoria, difeso dall’avvocata Antonia Brancaforte, perché “rea”, a dire dei ricorrenti, di avere diffamato l’Amministrazione, per cui veniva richiesta una somma risarcitoria di denaro di cinquantamila euro, per il presunto danno d’immagine prodotto agli amministratori e alla città. Il 3 febbraio scorso, il Tribunale di Ragusa, con la sentenza 163/2017, ha così sentenziato:
– Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone; condanna il Comune di Vittoria, in persona del sindaco pro-tempore, alla refusione delle spese processuali nei confronti di Concetta Occhipinti, liquidate in €.. oltre spese generali, Iva e Cpa – .

Si è conclusa così una vicenda che aveva reso protagonista di una disputa, una giornalista, difesa dall’avvocato Santino Garufi, che nulla aveva fatto o “inventato”, se non avere riportato quella che era una evidente verità sotto gli occhi di tutti. Su siti on-line, la giornalista, il 30 marzo 2009 aveva pubblicato un articolo dal titolo “il sindaco di Vittoria aveva una guardia del corpo pluripregiudicata” – e l’indomani, il 31 marzo 2009, un altro articolo il cui titolo era: il sindaco Nicosia mi vuole querelare per avere scritto la verità.
Inoltre, nella vicenda era stato tirato in ballo pure Giombattista Gulino, coniuge della Occhipinti, che aveva trasmesso un video su Youtube la cui voce narrante sarebbe stata proprio quella del Gulino, riportando le stesse cose.
Secondo i ricorrenti, l’accostamento del pregiudicato individuato quale guardia del corpo del primo cittadino, avrebbe danneggiato gravemente l’immagine di correttezza e rispetto della legalità che devono connotare l’operato amministrativo, e avrebbe altresì prodotto l’erroneo convincimento nei lettori, di una situazione di contiguità tra il sindaco e conseguentemente il Comune, da una parte, e la criminalità, anche di stampo mafioso, dall’altra. – Secondo la giornalista invece, non riportare quella notizia avrebbe leso l’operatività del diritto di cronaca e del diritto di critica, i quali sono stati oggetto della richiesta di risarcimento del Comune perché ritenuti diffamatori; ma avrebbero anche falsato la veridicità della notizia, in quanto la persona che accompagnava il sindaco in qualità di “guarda spalle”, era stato condannato per reati di associazione mafiosa, estorsione, stupefacenti e detenzione di materiali esplosivi. Inoltre, era associato ad una società che forniva servizi di sicurezza, per lo stesso Comune, nonché per le due municipalizzate: Amiu ed Emaia.
Il Tribunale ha fatto chiarezza su quanto accaduto, asserendo, in maniera inconfutabile, che sull’esercizio del diritto di cronaca, la giurisprudenza è ormai costante nel ritenere operante la scriminante laddove vengano rispettati i parametri della verità, della pertinenza e della continenza, e, in questo caso, quanto riferito dalla giornalista, risponde a verità. Per quanto riguarda il requisito dell’interesse pubblico all’informazione, esso è implicito nella rilevanza dell’argomento trattato, concernente l’accostamento della malavita, con riferimenti anche di stampo mafioso, alle istituzioni locali. Anche il presupposto della continenza appare rispettato, in considerazione anche della circostanza che il body guards è stato tratto in arresto lo stesso giorno in cui la giornalista ha pubblicato l’articolo.
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Anche i testi sentiti hanno ammesso che la persona indicata dalla giornalista, non solo era sempre in compagnia del sindaco, ma indossava segni distintivi del Comune di Vittoria e in alcune occasioni, accompagnandosi con un altro pregiudicato con cui era socio, assisteva alle sedute del Consiglio. Infine, il collegamento tra la società per cui prestava servizio la guardia del corpo e il Comune, è stato confermato pure dallo stesso sindaco Nicosia.
Pertanto la giurisprudenza afferma che in tema di diffamazione a mezzo stampa, non è giuridicamente né logicamente corretto sostenere il prevalere del diritto all’onore ed alla reputazione sul diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero pure in chiave critica anche in presenza di capacità lesive estremamente ridotte, tali, quindi, da non giustificare in nessun caso detta prevalenza. Ed invero qualunque critica che concerna persona è idonea a incidere in qualche modo in senso negativo sulla reputazione di qualcuno e, tuttavia, escludere il diritto di critica ogni qualvolta leda, sia pure in modo minimo, la reputazione di qualcuno, significherebbe negare il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero. Pertanto il diritto di critica può essere esercitato utilizzando espressioni di qualsiasi tipo anche lesive della reputazione altrui, purchè siano strumentalmente collegate alla manifestazione di un dissenso ragionato dell’opinione o comportamento preso di mira e non si risolvano in una aggressione gratuita e distruttiva dell’onore e della reputazione del soggetto interessato.
Una sentenza questa, che mette punti fermi su questioni che sono costantemente all’ordine del giorno: la presunta salvaguardia ad ogni costo della reputazione di chi è un personaggio pubblico, anche se questo ha frequentazioni “strane” e il volere impedire ad ogni costo, a chi ha l’obbligo di informare, di esprimere correttamente giudizi e opinioni.

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