Festival del lavoro, presentata ricerca sulle dinamiche del mercato del lavoro nelle province italiane.
Con 1.500 euro mensili Bolzano si conferma la provincia che, oltre a detenere il tasso di
disoccupazione più basso, vanta gli stipendi medi più alti in Italia fra gli occupati alle
dipendenze. In fondo alla classifica Ragusa con 1.059 euro. A Caltanissetta (44,9%),
Crotone (44,7%) e Palermo (40,4%) la percentuale più alta di giovani che non lavorano
e non studiano. Bologna si conferma, invece, la provincia più attrattiva in termini di
efficienza e innovazione del mercato del lavoro locale, Milano scivola dal secondo al
quarto posto. Presentato al Festival del Lavoro di Milano il rapporto 2018
dell’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro.
Milano, 29 giugno 2018. Con 1.500 euro Bolzano rimane la provincia con il primato degli stipendi medi più alti fra gli occupati alle dipendenze: erano 1.476 euro nell’ultima rilevazione. Seguita da Varese con 1.459 euro (rispetto ai 1.471 euro del 2017). Bologna sale al terzo posto con 1.446 euro (erano 1.424 euro l’anno scorso). Ci sono, poi, Como con 1.442 euro (1.449 euro nel 2017) e Milano con 1.431 euro (in crescita rispetto a 1.409 euro). Quest’ultima provincia sale, dunque, di cinque posizioni nella classifica aggiornata dall’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro contenuta nel terzo rapporto nazionale “Le dinamiche del mercato del lavoro nelle province italiane”. Si tratta di retribuzioni più alte rispetto alla media nazionale (1.324 euro) e sono, per la metà delle province, collocate tutte al Nord della Penisola. Per trovare la prima provincia del Mezzogiorno con gli stipendi medi più elevati bisogna scendere fino al 56° posto dove, con 1.288 euro, c’è Benevento. La provincia con le retribuzioni più basse, invece, è Ragusa con 1059 euro (erano 1.070 nell’ultimo report 2017). Il gap è del 30% rispetto a Bolzano. Ci sono poi Crotone con 1.118 euro (in discesa rispetto a 1.139 euro), Barletta Andria-Trani con 1.121 euro (in miglioramento rispetto ai precedenti 1.112 euro), Lecce con 1.130 euro (rispetto ai 1.107 euro dell’anno scorso). La ricerca completa è stata presentata oggi a Milano nell’ultima giornata della nona edizione del Festival del Lavoro, organizzata dal Consiglio nazionale e dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro.
Il report entra nel dettaglio dello squilibrio tra tasso d’occupazione maschile e femminile, quest’ultimo strettamente correlato allo sbilanciamento nella suddivisione del carico familiare tra donne e uomini. La disponibilità e il costo dei servizi di cura per i bambini, che sono molto differenziati nelle due aree del Paese, rende poco conveniente lavorare in presenza di figli a carico, poiché il costo dei servizi sostitutivi può superare lo stipendio o ridurlo drasticamente. Il tasso d’occupazione femminile più elevato, come nel 2017, è
nella provincia di Bologna dove due terzi delle donne sono occupate (66,7%), mentre quello più basso si registra a Foggia dove lavorano meno di un quarto delle donne (23,4%). Tassi d’occupazione femminile superiori al 60% si registrano anche a Bolzano (65,9%) e Firenze (64,3%), mentre poco più di un quarto della popolazione femminile lavora a Napoli (26,0%). A Caltanissetta (24,4%), Crotone (24,3%) e Foggia (23,4%) tre donne su quattro, invece, non lavorano. Il tasso di occupazione maschile è, al contrario, molto più elevato: la provincia di Bolzano si colloca al vertice della classifica con 8 uomini occupati su 10 (79,8%), mentre a Reggio Calabria lavora meno della metà della popolazione maschile (45,5%), seguita da Benevento (48%) e Palermo (49,8%).
La ricerca, nell’analizzare a fondo i dati sull’occupazione e sulla disoccupazione, fornisce un’analisi molto dettagliata anche sul fenomeno dei giovani con un’età compresa fra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano e non frequentano corsi di formazione (Neet). Nel 2017 erano 2,1 milioni (1,1 milioni donne e 1 milione di uomini), in calo di 25 mila unità (-1,1%) rispetto al 2016. La flessione maggiore si registra nelle regioni del Centro (- 3,4%), rispetto a quelle del Nord (-0,8%) e del Mezzogiorno (-0,7%). Il tasso di Neet diminuisce di soli 0,2 punti percentuali rispetto al 2016 (24,3%): il valore di questo indicatore nel Mezzogiorno (34,4%) è superiore di 14,7 punti percentuali rispetto a quello del Centro (19,7%) e di 17,7 punti rispetto a quello del Nord (16,7%). Il tasso di giovani che non lavorano e non studiano più elevato nel 2017 si registra a Caltanissetta (44,9%) mentre quello più basso a Venezia (11,2%), con una differenza di oltre 33 punti percentuali. Un tasso superiore al 40% si registra anche nelle province di Crotone (44,7%) e Palermo (40,4%). Percentuali più elevate di questo indicatore si osservano anche a Napoli (37,6%). Valori inferiori al 12%, infine, si osservano a Treviso (11,6%), Belluno (11,6%) e Modena (11,9%).
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La provincia con la quota più elevata di occupati è Bolzano (72,9%), mentre quella con il tasso di occupazione più basso è Reggio Calabria dove lavorano solo 37,5 persone su 100. Dal 2° al 24° posto troviamo le province nelle quali sono occupati più di due terzi della popolazione in età lavorativa. Sono, nell’ordine, Bologna (71,8%), Milano (69,5%), Piacenza (69,4%), Parma e Firenze (69,3%), Lecco (69,2%), Belluno (69,2%), Modena (69,1%), Pisa (68,9%), Pordenone (68,6), Cuneo e Reggio nell’Emilia (68,4%), Siena (68%), Arezzo (27,8%), Biella (67,7) ed altre otto province del Nord fra il 67,6% e il 66,6%. Roma si colloca solo al 48esimo posto della classifica (63,6%) e la provincia del Mezzogiorno con il tasso di occupazione più elevato è L’Aquila (57,1%) che si trova al 66esimo posto. Le altre province, dopo Reggio Calabria (37,1%), dove sono occupate meno di 4 persone su 10 sono Foggia (38,2%), Caltanissetta (38,5%), Palermo (38,5%),
Napoli e Crotone (39,4%), Trapani (39,6%) e Agrigento (39,7%)
Il rapporto analizza, tra le altre cose, il mercato del lavoro attraverso un “indice sintetico di efficienza e di innovazione (Labour market efficiency and innovation index)” e stila una graduatoria anche delle province italiane in base al loro livello di competitività occupazionale, derivato da cinque indicatori che meglio rappresentano e spiegano la capacità del tessuto economico e sociale di produrre maggiore e migliore occupazione. Al primo posto si colloca Bologna, pur non primeggiando in nessuno dei 5 indicatori. Seguita da Trieste, Monza e Brianza, Milano che nella precedente rilevazione occupava la seconda posizione e la prima nel 2015 con la quota più alta di occupati che esercitano professioni altamente qualificate. In coda alla classifica troviamo Crotone. Nel gruppo delle province meno innovative e competitive sono presenti tre capoluoghi regionali: Palermo al 90°posto, Reggio di Calabria al 92° e Napoli al 96° posto, insieme a tutte le province calabresi e alla maggioranza di quelle siciliane. La provincia di Foggia registra il più elevato gender gap nell’occupazione ed è una delle cinque province pugliesi con i valori peggiori dell’indice, insieme a Brindisi, Barletta-Andria-Trani, Taranto e Lecce. Se Prato registra la migliore performance, quella di Ancona è la peggiore con un crollo al 53° posto e la perdita di 30 posizioni.
Quest’anno sarà possibile navigare i principali dati a livello provinciale con l’ausilio di uno strumento web disponibile sul sito www.consulentidellavoro.it accedendo alla sezione “Osservatorio”. Selezionando la provincia di interesse sarà possibile osservare il posizionamento nella classifica a livello nazionale con riferimento ai tre indicatori principali dell’indagine Istat sulle forze di lavoro: tasso di occupazione, tasso di disoccupazione e tasso di inattività. Oltre al dettaglio provinciale, sarà anche possibile effettuare la ricerca distinguendo genere (donne o uomini) e classi di età (giovani 15-29 anni e adulti 30-64).