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Il sax ‘morbido’ di Lee Konitz ha chiuso il terzo weekend del Vittoria Jazz Festival

Vittoria, 23 giugno 2015 – Un mito in carne ed ossa al “Vittoria Jazz Festival Music & Cerasuolo Wine”. Quando Lee Konitz è salito sul palco, l’entusiasmo del pubblico è salito alle stelle.
Konitz è entrato in scena con i suoi compagni di viaggio: il pianista Florian Weber, il contrabbassista Jerem Stratton e il batterista George Schuller. Il mito ha scelto di iniziare con un assolo. Un omaggio ad un pubblico, anzi al “suo” pubblico. Moltissimi, infatti, gli estimatori del jazzista, che si era già esibito a Vittoria oltre un ventennio fa, al Cinema Golden, nel 1993. Giuseppe Gambina, direttore artistico del “Vittoria Jazz & Blues Film Festival”, kermesse cinematografica sche si tiene in contemporanea con il “Vittoria Jazz Festival”, ha “sfogliato” insieme al musicista le foto di quel memorabile concerto. Konitz, oggi, 88 anni portati bene, è un’autentica antologia vivente della storia del jazz, capace di “timonare” il suo gruppo con fermezza. Da annotare, il duetto verbale con Florian Weber, il pianista, che invita a suonare con più dolcezza. «Devi suonare con la stessa morbidezza – gli suggerisce Konitz – di quando ti senti “in love”».
Konitz riempie di sé la scena e pretende la massima concentrazione. Vive nell’assoluta convinzione di essere stato caposcuola di molti jazzisti famosi.
Il direttore artistico Francesco Cafiso e il patron Emanuele Garrasi sono legittimamente orgogliosi di avere avuto Konitz al “Vittoria Jazz Festival”.
«La presenza di Konitz – rimarca Garrasi – segna un passaggio importante per il festival. Si tratta di un riconoscimento di assoluto prestigio. Konitz ha deciso di fermarsi due giorni a Vittoria. Ha vissuto la città, conoscendone le bellezze monumentali e paesaggistiche. Ne ha degustato i sapori. Ha scelto di seguire, dalla platea, il concerto di Rosenwrinkel. Credo che già questo sia stato un evento nell’evento».
I numerosissimi spettatoti di Piazza Henriquez hanno seguito il concerto di Konitz in “silenzio”quasi religioso.
«Konitz – continua Garrasi – è un jazzista molto intimista. Da teatro e non da “street”. Eppure il pubblico è stato splendido. Segno, anche questo, della maturità raggiunta dagli estimatori del festival».

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