“Il vigliacco muore più volte al giorno, il coraggioso una volta sola”. Così diceva Giovanni Falcone. Il suo coraggio, il suo credo nella lotta a Cosa Nostra sono stati spazzati via da un tremendo boato che fa saltare in aria l’auto dove egli si trovava insieme alla moglie Francesca Morvillo e quelle degli uomini della scorta. L’Italia sgomenta apprende la notizia dalla televisione che manda immagini su immagini di scene che mai avremmo voluto vedere e continua ad inviare notizie su notizie che non avremmo mai voluto ascoltare. A distanza di anni ci chiediamo ancora perché? Lunghi anni di inchieste, di storie giudiziarie, di false piste, di errori, di successi. Negli anni novanta, anni di continue stragi, si combatteva una guerra che si fa fatica a comprendere ancora oggi, che voleva si mantenessero in campo, con il terrore, interessi che Giovanni Falcone stava ledendo. La strage di Capaci è tutt’altro che storia superata, chiarificata, molto ancora c’è da comprendere, da far venire alla luce. Una cosa è certa: un mostro famelico era stato colpito al cuore come non era mai accaduto prima, un mostro che aveva agito indisturbato per anni e che Giovanni Falcone aveva smascherato. Egli aveva compiuto, come diceva spesso, “quella rivoluzione culturale” che l’Italia aspettava, aveva messo insieme tante pedine e l’aveva fatto nel momento giusto. Spetta alla storia il compito di restituirci la complessità di un quadro d’insieme, spiegandoci il presente attraverso la lente del passato, dando al coraggio di un giudice e di un uomo il riscatto da tante incomprensioni e amarezze.