La protesta di Europa verde: Non si può stracciare via, in un sol colpo, pagine di storia!
“Per liquidare i popoli si comincia col privarli della memoria. Si distruggono i loro libri, la loro cultura, la loro storia. E qualcun altro scrive loro altri libri, li fornisce di una nuova cultura, inventa per loro un’altra storia. Dopo di che il popolo comincia lentamente a dimenticare quello che è e quello che è stato. E il mondo intorno a lui lo dimentica ancora più in fretta.” (Milan Kundera).
Parole pesanti come macigni, dense di significato, che innescano profonde riflessioni…
Nella storia di un popolo, esistono opere e manufatti che, più di altre, sembrano avere il compito e il privilegio di costituire una testimonianza alquanto rara ed eloquente di epoche ed atmosfere ormai lontane nel tempo, opere che racchiudono in sé, passioni, pensieri, affetti, sofferenze, aspirazioni, maestrie acquisite nel corso dei secoli. Dietro “ogni pietra” c’è il richiamo ad un pezzo di storia che è l’anima e la memoria collettiva di una comunità, il significato profondo di essere “collettività”.
Comiso, nel corso dei secoli, più di ogni altra città, ha saputo scolpire ed imprimere nella solidità e nella bellezza della “sua pietra” la sua storia, scritta attraverso l’attività instancabile e operosa di sapienti ed esperti scalpellini che con sudore e sacrificio hanno creato manufatti lapidei destinati a durare nei secoli. Che ne è stato di tale immenso patrimonio ereditato dai nostri predecessori? Spazzato via, in un sol colpo, da una quanto mai grossolana e mediocre opera di “rifacimento e restyling” del centro storico effettuata, in questi anni, dall’attuale Amministrazione Schembari:
La “Porta del pero” antico accesso alle mura medievali della città casmenea, costituito, in origine, da un pittoresco arco lastricato con pietra locale al suo interno ed al suo esterno, ha subìto un indecoroso quanto maldestro tentativo di restauro conservativo che, più che far rivivere l’antichità delle “pietre vive dei nostri sapienti scalpellini” l’ha grossolanamente compromessa. Anche agli occhi di un non addetto ai lavori è facile intuire che nel ripristino sono stati utilizzati materiali e tecniche che ne hanno alterato irrimediabilmente l’aspetto originale.
Le vecchie “basole di pietra” che pavimentavano i marciapiedi della via degli studi e le stradine adiacenti, con un “sapiente colpo di mano”, vengono, per lo più sostituite da pessimi ed ordinari conci tagliati dalle macchine, di nessun valore e disposti, tra l’altro, malamente senza il rispetto di alcuna tecnica di posizionamento come un puzzle impazzito di pietre informi. Nelle poche ed antiche basole rimaste, inoltre, il ripristino è stato effettuato nel peggiore dei modi, ovvero, attraverso la copertura dei fossi con l’asfalto e questo, a nostro avviso, è il classico caso in cui la toppa è peggio del buco ed il rimedio più inguardabile del danno! A questo punto
necessitano nuove riflessioni: le nuove basole resisteranno agli assalti del tempo e dell’usura? E, comunque, se mai riuscissero a resistere avrebbero scritto solamente la prima pagina della loro storia. Ma di quale libro? E soprattutto, voluto da chi? Non certamente dai comisani ai quali, unici eredi di tali patrimoni storici, non è stato chiesto, come al solito, alcun parere…Un ultimo, ma legittimo interrogativo, noi di Europa Verde, ci poniamo: Che sorte hanno subìto, o subiranno, le antiche basole divelte, ricche di storia e di sapienza artigiana comisana? Di sicuro non saranno rimesse nel loro sito di origine in quanto già sostituite da anonimi e dozzinali conci di pietra… ed, intanto, il danno irreversibile è sotto gli occhi di tutti…