La Terra ha la febbre. La cura è nelle fonti rinnovabili, a cominciare dai nostri edifici.
Palermo – La Terra ha la febbre piuttosto alta, manca poco per innescare dinamiche deleterie e, probabilmente, irreversibili. Il Club di Roma, grazie ad uno studio commissionato al MIT (Massachusetts Institute of Technology), già nel 1972 prospettava i limiti di una crescita che non avesse tenuto conto del tasso di crescita della popolazione, dell’industrializzazione, dell’inquinamento, della produzione di cibo e dello sfruttamento delle risorse. I limiti, secondo le conclusioni dello studio condotto da Donella H. Meadows, Dennis L. Meadows, Jørgen Randers e William W. Behrens III, sarebbero stati raggiunti presto. Diciamo proprio nel decennio corrente? E con quali risultati? Un declino piuttosto rapido e inesorabile della produzione industriale, dei commerci e quindi dell’economia reale, seguiti dal declino della popolazione. Nel 2008 Graham Turner, del Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation (CSIRO) Australiano, ha pubblicato una ricerca intitolata “Un paragone tra i limiti dello sviluppo e 30 anni di dati reali” in cui ha confrontato i dati degli ultimi 3 decenni con le previsioni effettuate nel 1972, concludendo che i mutamenti nella produzione industriale e agricola, nella popolazione e nell’inquinamento effettivamente avvenuti sono coerenti con le previsioni del 1972 di un collasso economico nel XXI secolo. Nonostante la costruzione di una spaventosa quantità di debito, espressa in termini sia di debiti sovrani e privati sia di derivati, che ha consentito una traballante tenuta dopo lo shock finanziario del 2008-2009, proprio in questo scorcio finale del 2015 il volume complessivo del commercio mondiale ha toccato il minimo storico degli ultimi 30 anni, la produzione industriale ha iniziato a declinare a partire dalla Cina e la capacità di estrazione del petrolio segna il passo senza che si intraveda un’inversione di tendenza. E cionondimeno non ha alcuna forza vincolante l’accordo raggiunto al termine della Conferenza sul clima di Parigi – la “Cop21” –. Quantomeno però sono stati posti obiettivi estremamente ambiziosi, come il contenimento del riscaldamento entro 1,5 C°. Due gradi centigradi sarebbero già estremamente pericolosi per il nostro pianeta. L’Italia, che poteva vantare il primato mondiale per generazione di elettricità solare fotovoltaica pro-capite, non ha fatto valere la propria straordinaria esperienza, forse perché questa è stata di fatto bloccata oltre due anni fa. A fronte, infatti, degli oltre 16mila MegaWatt di potenza fotovoltaica installati dal 2009 al 2012, poco più di mille MegaWatt sono stati aggiunti da allora. Eppure, quest’anno oltre l’8% della domanda elettrica nazionale sarà soddisfatta dal sole. Non fa eccezione l’assolatissima Sicilia che, con poco più di 1200 MW installati, è superata perfino dal Veneto, nebbioso e certamente meno assolato. Abbiamo chiesto a Mario Pagliaro, ricercatore presso l’Istituto per lo Studio dei Materiali nanostrutturati del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Ismn-Cnr) a Palermo, coordinatore del fin dal 2007 e attualmente presidente della Amg Energia nella stessa città, quali opzioni siano praticabili per centrare gli obiettivi della Cop21. “La prima e probabilmente unica opzione realmente efficace e praticabile per perseguire questi obiettivi – sostiene Pagliaro – è quella di sviluppare al più presto una infrastruttura energetica interamente rinnovabile, sostitutiva di quella alimentata da fonti fossili, che ancora soddisfa oltre l’80% della domanda mondiale e quasi la totalità nel settore dei trasporti.” Sarà! Ma intanto in Sicilia si continua a parlare di trivelle petrolifere in mare aperto. Prof. Pagliaro, forse qualcuno non vuole le energie rinnovabili, e comunque perché si sono quasi fermate, almeno in Italia? “Oltre alla fine troppo frettolosa e drastica delle incentivazioni, la ragione del marcato ridimensionamento di un settore che era arrivato a impiegare circa 200mila persone in modo diretto e indiretto – spiega Pagliaro – è da ricercarsi nel complesso di norme e linee guida irragionevolmente penalizzanti che, col pretesto della salvaguardia ambientale, hanno sortito l’effetto di rendere estremamente problematiche, onerose e nel concreto quasi impossibili ulteriori installazioni. Mentre grandi paesi come Cina e India, ma anche gli Stati Uniti, procedono a grandi passi in questa direzione”. Proprio a questo proposito, la rivista scientifica internazionale Green ha appena pubblicato le nuove Linee guida per l’integrazione delle tecnologie del solare negli edifici siciliani, fondate su stringenti requisiti architettonici e di tutela paesaggistica, elaborate da un team di ricercatori del Cnr guidati proprio da Mario Pagliaro, insieme ad un altro ricercatore del Cnr, il toscano Francesco Meneguzzo, dell’Istituto di Biometeorologia (Ibimet-Cnr). Lo studio illustra i risultati di alcune delle migliori soluzioni sviluppate in Sicilia e a livello internazionale, mostrando come l’integrazione architettonica del fotovoltaico e del solare termico non sia più in conflitto con l’aspetto estetico degli edifici ma, al contrario, un modo per migliorare tanto l’aspetto che la capacità degli edifici di generare preziosa energia rinnovabile con notevoli benefici di ordine economico, ambientale e perfino sanitario. L’analisi dell’effettiva producibilità energetica riportata nello studio mostra, ad esempio, che l’integrazione complanare, ovvero sullo stesso piano geometrico, dei moduli fotovoltaici sui tetti degli edifici nelle province di Catania, Palermo Messina e Ragusa porta ad una riduzione massima della produzione del 14% annuo. “Questo significa – dice ancora Pagliaro – che non è più necessario ricorrere alle vecchie installazioni dei pannelli posti su ineleganti supporti metallici per conseguire l’inclinazione ottimale”. “Inoltre – conclude lo scienziato e presidente della Amg energia – la differenza si abbassa ulteriormente proprio durante i mesi estivi, quando la domanda e il costo dell’elettricità hanno il loro picco annuale dovuto alla grande domanda per il raffreddamento degli edifici”. In aggiunta alle Linee guida pubblicate per il fotovoltaico nel 2007 in Italia dal GSE e dai ricercatori svizzeri per il solare termico, i ricercatori italiani specificano ulteriori requisiti per l’integrazione estetica e funzionale dei collettori fotovoltaici e fototermici, inclusi quelli di nuova generazione, riportando l’analisi di alcune delle migliori realizzazioni realizzate nella più grande e soleggiata regione italiana nel corso dell’ultimo decennio. “Anche per il solare termico – aggiunge, dal canto suo, Meneguzzo – al posto dei vecchi sistemi con i boiler cilindrici posti sui tetti, le nuove tecnologie fanno uso di eleganti ed affidabili collettori a circolazione forzata complanari al tetto, o di nuovi collettori a tubi sottovuoto con boiler pressoché piani dal colore conforme a quello delle tegole, che rendono praticamente invisibile l’integrazione dei collettori solari sui tetti dei più vari edifici”. Tutto molto chiaro e suggestivo ma, ci chiediamo, come è possibile che, col petrolio sceso a 35 dollari al barile e indirizzato verso quotazioni ancora più basse, le fonti rinnovabili siano ancora convenienti. “Non viviamo più tempi ‘normali’, e i vecchi schemi non funzionano – sostiene il ricercatore fiorentino –. Dai primi anni 2000, infatti, i costi di estrazione del petrolio sono aumentati continuamente e questo ha fatto schizzare i prezzi verso l’alto, fino a costituire una concausa della grande crisi del 2008-2009. La conseguente distruzione della domanda, resa esplicita dalla fine del credito troppo facile da un anno e mezzo a questa parte, ha fatto crollare i prezzi, col risultato di rendere praticamente insolventi una enorme quantità di società petrolifere, destinate per lo più a fallire, negli Stati Uniti e non solo. Perfino l’Arabia Saudita si trova in grosse difficoltà finanziarie. Lo stesso ragionamento vale per il gas naturale, mai così a buon mercato negli ultimi 15 anni. Lo scenario che si prefigura è quello di una ‘scarsità’ dell’offerta che sarà molto peggiore di quella della domanda, tanto che soltanto le energie rinnovabili potranno garantire la sicurezza energetica. Questo avrà un costo, ovviamente, e conseguentemente richiederà qualche sacrificio, ma l’alternativa nel medio termine è quella di rimanere letteralmente al buio”.
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