Libro di poesia “Tra naufragio e Speranza” di Pisana. Commento del Prof. Sansone: “Tecnologia e senso critico, recupero dei valori”
Acate, 6 novembre 2015 – Ringrazio il Prof. Domenico Pisana che, chiedendomi di produrre richiesta di presentazione dell’ultima sua opera in versi nella nostra cittadina di Acate e di dire qualcosa in merito, mi ha offerto l’opportunità di attingere a piene mani al suo pensiero, alla sua vena poetica, al suo modo di esprimersi e di comunicare, al suo ricco e variegato patrimonio culturale, ai valori in cui crede e che vuole indicare e consegnare ai lettori e in particolare ai giovani perché non abbiano a cadere nelle sabbie mobili del nichilismo che toglie ogni certezza e speranza e scaraventa nel baratro del nulla.
Il nichilismo, il relativismo e il conformismo sono definiti, infatti, da Umberto Galimberti, filosofo e psichiatra, nonché esperto della comunicazione, “Nuovi vizi capitali” in quanto conducono alla morte dell’anima, a quello che il prof. Pisana chiama “naufragio dello spirito” e portano i giovani alla perdizione, a non saper più distinguere il bene dal male, l’essenziale dall’accessorio, i veri valori dai falsi idoli e miti, ciò che passa da ciò che resta e riempie la mente e il cuore.
“Nella corsa tecnologica e consumistica, l’uomo, svilito ad oggetto, ha perso la sua dignità di persona”, scrive Graziella Corsinovi, docente presso l’Università di Genova, nella prefazione all’opera di Pisana.
L’uomo si è arricchito di beni a dismisura, ma ha perso la sua anima, svuotandosi della dimensione interiore; ha dovuto pagare a caro prezzo le conquiste materiali effettuate.
Il mondo è un grande Titanic – scriveva il filosofo prof. Pietro Barcellona – ma noi viviamo immersi in liquido anestetico.
Siamo come addormentati, anestetizzati, indifferenti, apatici; non abbiamo né la forza, né la voglia di reagire.
Il Titanic sta per affondare e noi continuiamo a vivere da incoscienti, da stolti, da insensati.
Abbiamo l’acqua viva, l’acqua che sgorga dalla sorgente e la attingiamo da cisterne screpolate e da pozzanghere.
Desideriamo la felicità e la cerchiamo nei posti sbagliati e nelle cose effimere, in ciò che ci illude e ci inganna.
L’invasione dei media e della tecnologia crea problemi che dobbiamo saper riconoscere e affrontare e presenta rischi che dobbiamo cercare di arginare.
È questo, in sintesi, il pensiero e il messaggio del prof. Domenico Pisana.
Stiamo vivendo una crisi epocale e globale di entità e dimensioni spaventose che mette in discussione, ribalta e annulla tutti i valori e i punti di riferimento, compresi i vecchi modelli di pensiero e genera disorientamento e vuoto interiori soprattutto tra i giovani che sono alla ricerca di un senso e di una direzione da dare alla propria vita e hanno bisogno di adulti significativi e di modelli culturali positivi con cui confrontarsi in un mondo e in una realtà sempre più complessi e mutevoli e sempre meno a misura d’uomo.
C’è il caos generale e rischiamo di andare alla deriva perché navighiamo in acque poco conosciute, torbide e profonde e col mare in tempesta e manca la bussola; non siamo sufficientemente attrezzati e siamo sprovvisti persino di salvagente e di scialuppe di salvataggio.
Tra l’altro dobbiamo fare i conti con le “nuove povertà” che si affiancano alle vecchie (fame, disoccupazione, malattia); ne elenchiamo alcune: solitudine, incomprensione, dipendenza, diffidenza, depressione, indifferenza, carenza di relazione e di comunicazione, fragilità emotiva, insicurezza, ansia.
Una riflessione risulta doverosa: La globalizzazione richiede ed esige spirito critico e capacità creativa per non soccombere, per non perdere la propria identità e dignità, per poter vivere e convivere da persone libere e responsabili, motivo per cui “dovremmo offrire, ai giovani in particolare, le mappe di un mondo complesso e mutevole, in perenne agitazione, e nello stesso tempo la bussola che consenta a ciascuno, pur in mezzo alle tempeste e ai marosi, di trovare la propria rotta per condurre in porto e in salvo la barca e quindi la propria vita” (vedi Rapporto Delors).
È tempo di svegliarsi per riprendere in mano le redini della situazione; non possiamo arrenderci, gettare la spugna; dobbiamo trovare in noi stessi la forza e la voglia di ricominciare, di ricostruire, di farcela.
Si rende necessario ripartire dall’educazione per capire l’importanza e il significato delle scelte, di un modo di pensare e di fare più attento e responsabile, meno superficiale e istintivo.
“Rifare l’uomo”, “ricostruire il tessuto sociale e civile”, “ripristinare i valori”; sono queste le priorità e gli imperativi categorici da assolvere, il messaggio lanciato da Quasimodo e la funzione che ha affidato alla sua poesia subito dopo il disastro materiale e morale causato dalla seconda guerra mondiale (vedi: Uomo del mio tempo; Alle fronde dei salici; Ed è subito sera).
Non c’è tempo per piangere sulle proprie sciagure. Bisogna rimboccarsi le maniche e lottare. Bisogna rialzarsi per riacquistare la propria identità e dignità (vedi “Allegria di naufragi” di Ungaretti di cui si riporta il testo).
Allegria di naufragi
E subito riprende
il viaggio
come
dopo il naufragio
un superstite
lupo di mare
Commento
Sono versi di una bellezza unica che sprigionano una forza inesprimibile, inarrestabile, incontenibile: la voglia di vivere, la forza e la capacità di ricominciare dopo le sconfitte, le delusioni, gli errori (sono questi, appunto, i naufragi) dei quali è costellata la vita di ogni uomo.
Messaggio
Bisogna combattere la rassegnazione, la pigrizia spirituale, l’indifferenza, il vuoto interiore, le contrarietà e le negatività che minacciano la nostra vita; non arrendersi; trovare in sè la forza e la voglia di rialzarsi, di riprendere il cammino, il viaggio, pronti ad affrontare altre tempeste.
Il viaggio è metafora della vita. Esso ha soste, mancati approdi, naufragi, ma va condotto a termine con perseveranza, coraggio ed entusiasmo.
E riprendiamo la presentazione del libro del Prof. Pisana.
La poesia ha una sua natura e una sua funzione o epistemologia; può indicare la via, illuminare le menti e le coscienze, guidare, sostenere, aprire alla speranza e alla solidarietà.
A questo mira il libro del prof. Pisana e una tale funzione troviamo nella lirica “Il porto sepolto” di Giuseppe Ungaretti, funzione di cui è depositario e custode il poeta che, per mezzo della “parola”, cerca di cogliere e penetrare il senso e il mistero della realtà e della vita per elargirlo agli altri.
La poesia, al pari della musica, del teatro, dello sport, dell’arte nella sua accezione più ampia, può indicare una strada, un percorso di vita, formare, educare, dare un senso e una motivazione alla nostra esistenza, sostenendola nei momenti difficili e bui con lo spiraglio di luce che sa irradiare, dal momento che offre la possibilità di esprimersi, di comunicare e ti accomuna agli altri esseri con i quali condividi la stessa sorte, gli stessi problemi.
La poesia è linguaggio creativo per eccellenza che, per sua natura, si oppone ai linguaggio aggressivi, totalizzanti e omologanti del nostro tempo (pc, telefonini, videogiochi, internet, social network) contribuendo, in tal modo, a sottrarre i ragazzi e quanti ad essa si avvicinano alla noia, alla routine, alla banalità, al conformismo, al vuoto esistenziale.
La poesia si sostanzia della parola che è strumento del pensiero, mezzo di comunicazione e di espressione ed ha un potere straordinario: dà ordine e senso alla vita, alla realtà, anche a ciò che sembra assurdo.
È urgente, quindi, il bisogno di “riappropriarsi” del prezioso dono della parola in un momento in cui essa va scomparendo sempre più con inevitabili ripercussioni sul pensiero di cui è strumento e manifestazione.
È quanto il Pro. Domenico Pisana ha cercato di fare nel testo che stiamo presentando, conducendo il lettore dal caos e dalla notte all’alba e all’aurora per aprire il cuore alla speranza che non delude, con stile ricercato, linguaggio dotto, aulico, ma incisivo e significativo, sintassi sapientemente costruita ed architettata, tecniche che fanno vibrare il cuore e generano sensazioni ed emozioni forti, catturano l’animo e suscitano fame e sete di infinito.
Vengono, pertanto, presentati e discussi gli eterni problemi e i grandi temi dell’esistenza, gli interrogativi di fondo che, da sempre, l’uomo si è posto, calati nel contesto della società contemporanea, che denunciano, a chiare lettere, il naufragio dello spirito.
Parola-chiave di tutta la silloge “la luce”, preceduta dalla notte, dall’alba, dall’aurora che aprono alla speranza, all’anelito e al bisogno di pace, verità, giustizia, amore, libertà e solidarietà.
Emerge, da tutto il testo, un urgente bisogno d’amore, un’esigenza irrinunciabile di “recupero” dei valori e del senso della vita, di ritorno alle nostre origini e alle nostre radici, alla nostra vera natura e identità, alla nostra essenza e ragion d’essere, a Dio.
Mi piace concludere con Raniero Cantalamessa: “Non saranno la scienza e la tecnica a salvare il mondo, ma l’Amore”, l’attenzione verso l’altro, il recupero dell’alterità, della relazione autentica e profonda o empatia.
Il salmo 8 è tutto un inno all’uomo fatto poco meno degli angeli e per il quale Dio ha dato la vita, ha sacrificato il figlio suo Gesù, nato da donna.
Considerazione finale:
Il più bel dono che Dio ha fatto all’uomo, all’atto della creazione, è l’uomo stesso, l’altro, per mezzo del quale possiamo salvarci, riscattarci o perderci.
Sta a noi scegliere, da persone libere e responsabili; da persone sagge e intelligenti.