Antonio Cammarana, Acate (Rg) 23 maggio 2017.- “Anche quest’anno sono stato invitato da un amico, che insegna nella mia scuola, a trascorrere le vacanze nella sua villa al mare. Non gli dico di no, perché mi rivolge l’invito per la terza volta e, per me, d’altronde, si tratta di lasciare la montagna per una sola estate.
Ora che ho finito gli scrutini degli alunni delle mie classi, prima di raggiungere il luogo delle mie ferie, mi concedo un pranzo di fine anno scolastico con antipasto di mare, vino bianco, riso con gamberetti, spada con olio limone croste di pane, macedonia, sorbetto e amaro.
Una volta in strada, mi convinco di avere esagerato con il vino il riso e le croste di pane. La cosa migliore sarebbe fare ritorno a casa.
Con movimenti sempre più lenti raggiungo la stazione ferroviaria, con occhi sempre più pesanti, salgo sul treno. Agosto è appena agli inizi, ma la temperatura che elargisce il mese del solleone – in un confortevole scompartimento di prima classe – è tale da favorire il rilassamento e la pennichella.
Così comincia il mio viaggio verso la spiaggia il mare il sole. Non posso dire se il luogo in cui mi fermo sia migliore di altri, bello certamente lo sarà. La villa del mio amico sorge in un punto poco frequentato della costa ed io potrò, per trenta giorni, evitare alle mie orecchie l’assordante rumore delle auto e dei tram che, per nove mesi di seguito, sono costretto a sopportare, abitando in una zona della Grande Città, dove il traffico è particolarmente intenso.
Il mio amico mi convince a scendere subito in spiaggia e a piantare l’ombrellone ad una decina di metri dall’acqua. Una comoda sedia a sdraio accoglie il mio corpo ed io mi abbandono alla vista della distesa azzurra, spettacolo, per me, completamente nuovo.
Il mare è calmo e scintillante e il mio amico, dopo avermi invitato a fare altrettanto, entra in acqua, ma io, alla carezza dell’onda, nel corpo preferisco i raggi del sole.
Sto bene sulla spiaggia, sotto il sole di agosto, penso di non avere perduto alcunché non raggiungendo la montagna, dove potrò andare anche nel mese di settembre. E com’è carina la bambina, che gioca accanto a me con la sabbia! E com’ è strana veramente la vita: lo sciacquio appena percettibile, la bambina che gioca, il silenzio di questa terra baciata dal sole mi rendono gradevole il mare. Penso anche di entrare nell’acqua, soltanto io non debbo fare il bagno?
D’un tratto la bambina piange e strilla, perché la madre vuole portarla via. Ed io lego le sue grida allo sciacquio: prima lo percepivo appena, ora esso si ingigantisce e diventa l’urlo del mare in tempesta, che batte contro gli scogli. Così abbandono la spiaggia, la sola vista dell’acqua mi fa stare male.
Alcuni giorni dopo torno a sedere sulla spiaggia e mi sforzo di slegare lo sciacquio dalle grida della bambina. E finalmente ci riesco, osservando il lento ritrarsi dell’onda. Il suo movimento mi sembra, però, un triste lamentoso addio, simile a colei che, da forze misteriose, è costretta a lasciare il luogo in cui approda dolcemente. E provo un senso d’indefinibile malinconia e mistero delle cose del mondo.
Fino al crepuscolo attendo che l’onda si franga, ancora una volta, sulla spiaggia, poi la seguo quando essa si ritrae. Come è bello camminare assieme all’onda e fenderla con le gambe e toccarla con l’ombelico e con il petto e da essa lasciarsi accarezzare il collo e baciare le labbra e le guance!
Alle mie spalle sento una voce che mi chiama, è il mio amico che m’ invita a tornare indietro, ma io continuo a seguire l’onda anche se lentamente, sempre più lentamente.
La voce del mio amico si fa fioca, ora non la sento più. L’onda mi copre dalla testa ai piedi, dolcemente mi avvolge come un manto di freschissima seta, io mi abbandono interamente al suo abbraccio, che mi avviluppa, mi avvoltola, mi ravvolge, che mi rovescia adagiandomi sul fondo sgradevolmente freddo: io non vedo…
Io sento il fastidioso contatto delle dita di una mano contro la mia spalla. Quando apro gli occhi, uno spilungone in grigio ferro con berretto da controllore ferroviario mi chiede:
– “ Favorisca il biglietto , signore. Prossima fermata a …”.
Antonio Cammarana