Roma – È una mattina triste quella appena trascorsa, segnata da un nuovo suicidio in carcere. Salgono così a 7 i detenuti che si sono tolti la vita nel distretto Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta dall’inizio dell’anno, mentre sono 45 i suicidi di detenuti su scala nazionale. Su quanto avvenuto riferisce Vicente Santilli, segretario per il Piemonte del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria: “Verso le 11:30 di oggi, nella Casa Circondariale di Novara, durante il passaggio del vitto, il personale è stato allertato dal mancato ritiro del cibo da parte di un detenuto algerino appena ventenne. Entrati nella cella, l’uomo è stato trovato impiccato alle sbarre della finestra del bagno mentre il suo compagno di stanza non si era accorto di nulla. Immediatamente sono scattati i soccorsi, poi proseguiti anche dal servizio emergenze del 118, ma ogni sforzo di rianimare il detenuto è stato vano ed è stato quindi constatato il decesso”. Il sindacalista evidenzia che “il suicida era un soggetto di difficile gestione penitenziaria, resosi autore nel suo percorso detentivo di numerose aggressioni, danneggiamenti, atti turbativi dell’ordine e della sicurezza, incendi, financo una evasione rocambolesca mentre si trovava in Tribunale per una udienza e sarebbe dovuto uscire in libertà il prossimo agosto”.
“Come sindacato maggiormente rappresentativo del personale di Polizia Penitenziaria”, evidenzia Santilli, “ribadiamo con forza la nostra convinzione che sia necessario un urgente, concreto ed efficace intervento del Governo volto a migliorare le condizioni di vita all’interno dei penitenziari del Paese. La politica non può continuare a rimanere silente dinnanzi alle continue aggressioni al personale ed al crescente numero di suicidi tra i detenuti. Occorre che lo Stato ridisegni in un certo senso l’intero sistema di gestione delle pene, prevedendo il carcere per i soli soggetti nei confronti dei quali hanno fallito tutte le altre alternative di recupero e reinserimento sociale, abbattendo così efficacemente il fenomeno del sovraffolamento e, contemporaneamente, riducendo le tensioni che gravano quotidianamente sull’operato della Polizia Penitenziaria”. Per il SAPPE, “vanno inoltre potenziate le attività trattamentali all’interno delle carceri, prevedendo l’implementazione dell’offerta di lavoro ai detenuti e, contestualmente, avviare nuove assunzioni di personale delle figure professionali umanistiche come psichiatri e psicologi al fine di intercettare in tempo i disagi e le debolezze che possono sfociare in agiti impropri ed irreparabili”.
Il Segretario Generale SAPPE Donato Capece richiama un pronunciamento del Comitato nazionale per la Bioetica che ha sottolineato come “il suicidio di un detenuto costituisce solo un aspetto di quella più ampia e complessa crisi di identità che il carcere determina, alterando i rapporti e le relazioni, disgregando le prospettive esistenziali, affievolendo progetti e speranze. La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Ma per qualcuno è stato evidentemente più facile fare eleggere al Parlamento europeo solamente una delle migliaia di persone italiane detenute all’esterno, non si sa bene scelto in base a quali meriti, ed avere così l’alibi di poter dire di occuparsi dei problemi del carcere…”. Il leader nazionale del SAPPE è lapidario nella denuncia: “Sette detenuti che si tolgono la vita in carcere dall’inizio dell’anno nel solo nel distretto Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, più di quaranta dall’inizio dell’anno, devono fare seriamente riflettere. Sono vittime innocenti di un disagio individuale a cui non si riesce a fare fronte nonostante gli sforzi e l’impegno degli operatori, in primis le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria che il carcere lo vivono nelle sezioni detentive”.