Omosessualità e Islam ne “Il prete che amava Alì”, il libro rivelazione di Ayelet Pianaro
Roma, 1 aprile 2016 – È uscito ed è già disponibile in tutte le librerie “Il prete che amava Alì” (http://amzn.to/1RQZ7aS), il libro rivelazione di Ayelet Pianaro, giovane e promettente scrittrice che si occupa di temi legati alle identità di genere, le culture suburbane e lo scontro culturale fra etnie e religioni diverse. Un’autrice di cui sentiremo parlare spesso per le sue capacità di andare a fondo ai grandi temi di attualità ed interesse. Il racconto è ambientato a Treviso dove Don Giacomo, professore del locale Seminario, difende inutilmente Alì, il figlio dell’Imam della comunità islamica, da facinorosi leghisti che lo malmenano.
Il sacerdote si reca in ospedale e, nonostante l’ostilità del giovane per ciò che lui rappresenta, offre la sua disponibilità a risolvere i loro problemi burocratici. L’Imam, Alì e sua moglie Aisha sono cittadini della Giordania aderenti all’Islam jihadista. Il padre di Alì entra nel mirino delle autorità che lo pongono in stato di fermo giudiziario ed lui ordina al figlio di chiedere al prete di adoperarsi per non venire espulso, cosa che il ragazzo fa a malincuore, perché i preti cristiani sono per lui degli infedeli. Don Giacomo, impietosito dalla situazione suggerisce al vescovo un espediente per far sì che il Ministero dell’Interno non proceda all’espulsione. Gli animi dei trevigiani però ribollono di sdegno quando un pakistano sfigura con l’acido solforico una ragazza appena convertitasi all’Islam, ma che rifiutava di sposare l’uomo secondo i canoni islamici. Treviso reagisce con scritte razziste per le strade e volantini che invitano a disertare il supermercato dove lavora Alì, che viene licenziato. Tra la stessa comunità islamica il fatto provoca una spaccatura mentre incurante di tutto e tutti, l’Imam continua i suoi sermoni d’odio che la procura mal sopporta. Don Giacomo si impegna affinché la componente radicale della comunità non venga isolata convincendo il direttore del supermercato a riassumere Alì e così tra il sacerdote e il ragazzo i rapporti diventano meno burrascosi. Il ragazzo gli chiede di accompagnarlo a Perugia per aiutarlo a sbrigare in questura delle pratiche burocratiche per due suoi amici. Sul treno, di notte, Alì stimola sessualmente il sacerdote poggiandogli il capo sul pene e da quel momento, il religioso prova una irresistibile attrazione erotica per lui. Il ragazzo però si nega volutamente e a un incontro successivo lo dileggia, gli dice che sul treno lo ha provocato di proposito facendo la parte del diavolo e che lui, dotto prete crociato, c’è cascato. Disconnesso con il mondo e la fede, don Giacomo si lascia cadere in un fiume. Alì però lo salva e ammette a se stesso che quella notte sul treno voleva disperatamente avere un rapporto con lui.
Il nuovo capitolo si apre con don Giacomo ricoverato per depressione in un Istituto di cura gestito da religiosi. Viene affidato a don Lino che gli fa da padre spirituale e a lui confessa l’attrazione erotica per Alì ed i dubbi intellettuali che da sempre hanno tormentato la sua anima. Dopo lunghe cure don Lino gli propone di soggiornare nell’Abbazia benedettina di Praglia, ai piedi dei colli Euganei e lì ritrova il ritmo della vita religiosa. Rinvigorito dalla primavera, riprende l’insegnamento, ma una mattina rivede Alì. Lo ignora però questa volta è il ragazzo a cercarlo. Don Giacomo non si trova più davanti al prepotente Alì. Al contrario, il ragazzo gli confida il suo disinteresse per le donne: si abbracciano in sincrona ed hanno il loro primo rapporto. Il sacerdote affitta un appartamento in una palazzina di periferia dove ogni sera Alì va a trovarlo e si abbandonano a sedute di pura carnalità. Troppe voci, però, iniziano a circolare. L’Imam chiede spiegazioni al figlio che le liquida come dicerie. Alì racconta tutto a Giacomo. Afflitto, il sacerdote scrive una lettera al vescovo chiedendo la riduzione allo stato laicale. Trovano un lavoro di facchinaggio al mercato generale della frutta e Giacomo, nei momenti liberi, fa opera di assistenza a rom sistemati in un maxi campo di container. Con il tempo, il quartiere viene a sapere del suo passato di sacerdote e del ragazzo amante. In un giorno di protesta per la presenza dei rom nel quartiere, una folla spazientita se la prende anche con lui. Alì gli chiede se ha il coraggio di tornare a Treviso e di accompagnarlo al centro di preghiera islamico e Giacomo approva convinto. Qui il ragazzo spiega al padre ed ai presenti la propria omosessualità. L’Imam gli ricorda la pena per quello che si è dichiarato di essere e lo caccia. In seguito, telefona ad Alì e gli ordina di andare a combattere a Gaza. Tornerà quando avrà cambiato attitudine oppure sarà costretto lui stesso a eseguire la pena. In una tipica giornata primaverile, lungo il sentiero dove Giacomo tentò il suicidio, Alì confessa al suo compagno che vuole evitare che il padre commetta un delitto che lo porterà in carcere a vita. L’ex sacerdote si dice tra sé che quel ragazzo lo ha riconciliato con l’anima, che gli deve tutto. Dopo una discussione lirica, sotto forma di allegoria sulla morte, i due escono dal sentiero superando gli ostacoli che vogliono impedire loro di arrivare al fiume.
CHI È AYELET PIANARO Ayelet Pianaro ha 36 anni ed è italiana. Fin da piccola ha viaggiato moltissimo, soggiornando spesso negli USA, in Israele e in Tailandia. Il suo nome è di origine ebraica e significa “cerbiatta” e dice che suo padre lo ha scelto perché è collegato a vicende familiari lontane nel tempo. Sua madre è di origini tailandesi. È stato suo padre a trasmettergli una grande curiosità per l’animo umano che ha approfondito con letture di Dostoevskij e Freud, e successivamente seguendo alcune correnti filosofiche e letterarie, tra cui il Verismo, il Decadentismo, l’Esistenzialismo e il Nichilismo. Ayelet dichiara inoltre una profonda passione per i poeti maledetti francesi e per i classici della letteratura novecentesca e tra i suoi autori di riferimento si trovano Baudelaire, Rimbaud, Pirandello, Salinger e Hemingway. Nel suo primo romanzo “Il prete che amava Ali’” affiorano temi a lei cari: lo scontro culturale tra etnie e religioni diverse. Il romanzo presenta molte tematiche controverse e la sua voglia di esprimere, a volte anche con rabbia, concetti come quello che nessuna religione, ideologia o individuo possiedono il monopolio della verità. In esso parla di religione, e l’idea è che nessuna religione debba schiacciare il mondo emozionale della persona con riti e regole assurde, altrimenti si sta parlando di un Dio-padre che si accanisce contro chi ha creato. E riguardo il peccato originale? Lei stessa che ha qualcosa di ebraico rifiuta tale concetto biblico. Ayelet dichiara di oscillare tra agnosticismo e ateismo. La sua narrazione pare voglia gridare basta a verità immutabili e basta a usare l’incubo della morte per costruire castelli che tra qualche secolo si riveleranno di sabbia; basta usare altri istinti che la nostra specie si porta appresso da almeno mezzo milione di anni per manipolarci.
Alcune pagine del suo primo romanzo descrivono precise scene di sesso omosessuale che alcuni troveranno scabrose, altri offensive verso la religione islamica ma l’autrice pare disposta a prendersi le proprie responsabilità e dichiara che in tema di multiculturalismo, visto che il racconto ne parla, lei sta con Oriana Fallaci e Bat Yeor. Perché esso non deve essere inteso a senso unico. Come loro é convinta che stiamo assistendo, quasi facilitando, la conquista dell’Europa con l’invasione demografica con un modus operandi tra il soft ed il violento. Vedi Isis e affini. Annullare i nostri valori e la nostra cultura per consegnarci a quelli della sharia? “No grazie, non voglio morire musulmana” ha dichiarato Ayelet, perchè “c’è un limite al porgere l’altra guancia” anche se “si può sempre cercare di dialogare”. E poi ancora “ti siederesti ad un tavolo con qualcuno che non pensa altro che a sgozzarti per importi la sua legge retrograda”? Ayelet ha appena finito un racconto che tratta di culture giovanili suburbane strafatte e delinquenziali, ambientato a Milano. Tre ragazzi di origine meridionale trapiantati al nord vivono alla giornata, uno di loro è una aspirante lei che per pagarsi il cambio di sesso si esibisce in locali notturni impersonando una famosissima cantante internazionale. “Dei transgender si parla molto ma con poca propensione a capire lo stato d’animo che vivono” dice sconsolata. In questo periodo Ayelet è alle prese con la stesura di un thriller perchè ”le spy stories sono una mia vecchia passione”.