PREVENIAMO LA VIOLENZA. IL PRESIDENTE DELL’ORDINE DEI MEDICI DI RAGUSA, SALVATORE D’AMANTI, LANCIA UN APPELLO AFFINCHE’ SI POSSANO PROTEGGERE ANCHE GLI OPERATORI SANITARI SUL POSTO DI LAVORO. INTERVENTO AL CONVEGNO PROMOSSO A RAGUSA PER LA GIORNATA CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE.
RAGUSA – La violenza va sempre condannata, in qualunque forma. Ed è questo il messaggio che Salvatore D’Amanti, presidente dell’Ordine dei Medici della provincia di Ragusa, ha lanciato partecipando al convegno che si è svolto al Comune di Ragusa in occasione della “Giornata contro la violenza sulle donne”. La violenza è una “piaga sociale globale” che produce effetti negativi sulla salute psico-fisica della persona. Secondo una recente stima dell’Istituto Superiore della Sanità, sono circa 70 mila donne che ogni anno accedono al pronto soccorso per una violenza subita.
Un fatto gravissimo, ha commentato il presidente D’Amanti, “ma purtroppo va detto che i casi di violenza sono più numerosi rispetto ai dati statistici perché gran parte di questi episodi non viene denunciata. Ecco perché occorre lavorare per creare una cultura della denuncia dei casi di violenza, sia promuovendo la formazione degli operatori coinvolti, sia elaborando un protocollo di indicatori chiari e precisi validati dalla comunità scientifica che permettano di individuare i casi di sospetta violenza”. Ma le violenze accadono purtroppo anche all’interno dell’ambiente sanitario e ospedaliero con continue aggressioni, sempre più preoccupanti e a volte perfino mortali, all’interno dei reparti, nei reparti di pronto soccorso e nelle guardie mediche. “Violenze su operatori che sono in prima linea ad assistere i cittadini per garantire loro il diritto alla salute, un diritto costituzionale. Operatori che hanno anche loro il diritto a lavorare in condizioni normali e di sicurezza, e non nel segno della paura. Ecco perché lancio un appello alle istituzioni competenti affinché si evitino questi episodi di violenza e si possano dare risposte concrete, anche con misure specifiche, a quanti operano nella sanità e sono potenzialmente esposti al rischio di aggressioni”.