Puglia, la timida ripresa dopo la grande crisi
Presentato oggi a Bari il rapporto dell’Osservatorio statistico dei Consulenti del Lavoro che fa il punto sugli effetti del Jobs Act sul mercato del lavoro pugliese
BARI – Dopo aver perso più di 135 mila occupati nel 2014, a seguito della “grande crisi” iniziata nel 2008, la situazione occupazionale della regione Puglia fa registrare una timida ripresa a partire dal biennio 2014-2016. In questo periodo, l’aumento degli occupati è di 47 mila unità, ma è dovuto principalmente all’esonero contributivo delle assunzioni a tempo indeterminato e soprattutto non raggiunge i livelli pre-crisi del 2007 (1.261 occupati). Infatti, nella classifica degli occupati nelle regioni italiane, nel periodo compreso fra il 2008 ed il 2016 la Puglia si posiziona al quart’ultimo posto con 1.176 occupati di età compresa fra i 15 ed i 64 anni, con una perdita occupazionale di 89.000 unità rispetto al 2008, seguita dalle regioni Sardegna, Sicilia e Calabria. Sono i dati contenuti nel rapporto “Gli occupati in Puglia durante la grande crisi”, realizzato dall’Osservatorio statistico dei Consulenti del Lavoro e presentato oggi a Bari in occasione del convegno “Il Jobs Act alla prova dei fatti” in cui si analizzano gli effetti della riforma sul mercato del lavoro pugliese.
Osservando l’andamento occupazionale delle 6 province pugliesi è facile notare situazioni contrastanti. Bari è la provincia con il tasso di occupazione più elevato (47%), in aumento dello 0,8% nel 2016 per merito in gran parte della componente femminile. A seguire la provincia di Brindisi con il 45,6%, Taranto con il 44,2% e Lecce con il 43,7%. La provincia di Barletta-Andria-Trani con il 41% si caratterizza soprattutto per il forte divario fra occupazione maschile e femminile: 33,7% rispetto al 26% registrato nel 2016 nel territorio pugliese. Nella provincia di Foggia, invece, il tasso di occupazione è al 40,7% ed è dovuto esclusivamente alla componente maschile. Se si analizza l’occupazione dal 2008 ad oggi, l’unica tipologia contrattuale che registra un aumento progressivo è il part time: i dipendenti a tempo indeterminato a tempo parziale sono, infatti, aumentati del 57% (+46.790 unità) così come i dipendenti temporanei part time (+16.731 unità). In questo scenario i lavoratori indipendenti (autonomi e collaboratori) diminuiscono di circa 40 mila unità (-12%).
A testimoniare le difficoltà del mercato del lavoro pugliese anche il grande ricorso alla cassa integrazione. Nel 2016 il volume totale di ore autorizzate è stato di 28,9 milioni, quasi doppio di quello registrato nel 2008 (15,7 milioni). In tutto il periodo della crisi le ore annue autorizzate sono rimaste ben al di sopra i 40 milioni, toccando addirittura i 70 milioni nel 2010. Nel 2013, poi, la fine della cassa integrazione in deroga ha determinato una forte crescita della cassa integrazione straordinaria. Di conseguenza, la diminuzione del numero di occupati, l’aumento del contratto part time e del ricorso alla cassa integrazione hanno depresso le capacità di reddito delle famiglie pugliesi.
Se nei 13 anni precedenti la grande crisi si rilevava un aumento costante del reddito da lavoro dipendente, che andava dai 17,7 mila euro del 1995 ai 29,9 mila euro del 2008, negli ultimi 8 anni, invece, si assiste ad una inversione di tendenza che vede tra il 2009 ed il 2016 redditi da lavoro dipendente di valore inferiore a quelli del 2008.