Ragusa, 27 maggio 2015 – “Mentre a Milano si celebrano i fasti di un settore che i veri addetti ai lavori stentano a riconoscere, restano ancora irrisolti, ed in qualche modo aggravati, tutti i problemi che rischiano di far affondare l’intero tessuto produttivo siciliano”. E’ l’amaro commento della Confagricoltura ragusana, che dal quotidiano confronto con i propri associati ha una fotografia della situazione molto vicina alla realtà.
Una situazione abbastanza allarmante provocata dal continuo ed inarrestabile calo dei consumi, dall’aumento dei costi di produzione e dal crollo dei prezzi, dai ripetuti eventi calamitosi che hanno quasi dimezzato la produzione di alcuni comparti fondamentali per la Sicilia quali olio e vino, da attacchi virali che stanno divorando migliaia e migliaia di ettari di agrumeti, da importazioni incontrollate dove entra anche ciò che la comunità europea vieta, da un sistema viario inconsistente e fragile, da accordi di filiera che premiano sempre i più forti e da ripartizione di premi PAC penalizzanti per la nostra zootecnia di “frontiera”.
E’ poi calato il silenzio sull’IMU sui terreni agricoli, la “patrimoniale” applicata ai mezzi di produzione.
Su quest’ultimo argomento il presidente della Confagricoltura ragusana, Sandro Gambuzza, plaude all’iniziativa del Presidente regionale Ettore Pottino per aver dato mandato ad un ufficio legale della capitale per intervenire ad “adiuvandum” sul ricorso presentato da alcuni comuni al TAR del Lazio.
Scopo del ricorso, che verrà discusso il mese prossimo, l’annullamento del Decreto Legge n. 4/2015 avente ad oggetto “Misure urgenti in materia di esenzione IMU” e l’elenco ISTAT comprendente i comuni classificati montani, parzialmente montani e di pianura.
“Il ricorso – precisa il presidente Gambuzza– contiene tutte le argomentazioni che abbiamo evidenziato nel corso delle numerose manifestazioni di protesta promosse da Confagricoltura.
In particolare si ravvisa la violazione del dettato costituzionale in quanto il criterio altimetrico non tiene conto della effettiva situazione del bene e quindi della sua reale capacità contributiva (art. 53).
Altro aspetto sollevato – aggiunge Gambuzza – è quello relativo alla palese violazione dello statuto del contribuente il quale stabilisce che le disposizioni tributarie non possono avere effetto retroattivo ma applicarsi solo a partire dal periodo di imposta successivo”.