Ricerca e cambiamenti climatici, anche in Puglia si sperimenta la vite che consuma il 30% in meno di acqua
Claudio Quarta, socio di Winegraft: “Ci apprestiamo a confermare su Negroamaro e Primitivo, nei nostri territori, la superiorità dei nuovi portinnesti”. I risultati della sperimentazione sui portainnesti “M”, frutto della ricerca congiunta Università di Milano-Winegraft, la società che vede in prima linea nove aziende vitivinicole fra cui anche la Claudio Quarta Vignaiolo
In una delle estati più calde e siccitose degli ultimi 150 anni, arriva dalla ricerca scientifica una buona notizia per i vigneti: nuovi portainnesti che ottimizzano l’utilizzo dell’acqua, resistono agli stress idrici e riducono, in media, del 30% i consumi del prezioso elemento. Sono i “portainnesti M”, frutto del progetto di ricerca dell’Università di Milano supportato dalle imprese vitivinicole riunite in Winegraft, tra cui Claudio Quarta Vignaiolo, che offrono una prima risposta concreta ai cambiamenti climatici e al tema della water footprint nel vigneto per una diversa sostenibilità, anche economica, della viticoltura.
“Abbiamo creduto sin dal primo momento nella necessità di ricercare nuovi portinnesti afferma Claudio Quarta – e la Claudio Quarta Vignaiolo è stata una delle cantine che hanno costituito Winegraft. Se da una parte continuiamo a finanziare la ricerca di portinnesti sempre migliori, dall’altra ci stiamo attrezzando per sperimentare la serie M, già disponibile, sui nostri vitigni autoctoni Negroamaro e Primitivo, e ci auguriamo di confermare i risultati osservati su altre varietà e così contribuire ad una viticoltura più sostenibile e di maggiore qualità, in grado di contrastare i cambiamenti climatici in atto”.
I primi risultati della sperimentazione avviata da alcune aziende in varie regioni italiane, su diversi vitigni innestati con gli M, hanno portato a scoprire una eccezionale capacità di resistenza allo stress idrico di questa nuova generazione di portainnesti che, grazie ad un utilizzo biochimico più efficiente dell’acqua, mostrano un consumo nell’intero ciclo vegetativo minore del 25-30% rispetto ai portainnesti tradizionali, a parità di condizioni pedoclimatiche e di vitigno, senza perdere in quantità e qualità produttiva.
Tradotto in numeri, se consideriamo una produzione media ad ettaro di 120 q.li uva per 85 hl vino, con un consumo annuo di acqua, secondo i calcoli dell’associazione Water Footprint Network, di 81.600 hl, con l’utilizzo degli M si risparmierebbero 24.500 hl di acqua ad ettaro ogni anno. Significa che, ad esempio, se tutti i vigneti della Lombardia – che nel 2016 hanno prodotto 1,47 mln di hl di vino – fossero innestati sugli M, si risparmierebbero ogni anno 426 mln di hl di acqua, pari a due volte e mezzo il lago d’Iseo.
Un risparmio considerevole, ambientale ma anche economico. “Il primato nella water footprint dei portainnesti M – ha commentato il presidente di Winegraft Marcello Lunelli, vice presidente di Cantine Ferrari – testimonia efficacemente quanto stiamo sostenendo da tempo e cioè che, investire in sostenibilità ambientale produce effetti positivi diretti anche nella sostenibilità economica delle imprese”.
I recenti sviluppi della ricerca portata avanti dall’equipe dell’Università di Milano, supportata da Winegraft, collegati all’analisi dei risultati degli impianti dei vigneti sperimentali, hanno permesso di individuare con precisione il meccanismo che aiuta il risparmio idrico dei portainnesti.
“La capacità di resistere agli stress idrici e quindi mantenere vigoria con carenza d’acqua è ottenuta attraverso due strategie diverse dai portainnesti M2 e M4 – illustra Attilio Scienza, studioso di viticoltura di fama mondiale e animatore del progetto di ricerca – Il primo ha un’ottima capacità di esplorare il suolo, anche in profondità, riuscendo ad accedere a riserve idriche che altri genotipi non riescono a raggiungere, combinato ad un minor vigore indotto alle viti e pertanto un minor fabbisogno idrico. L’M4, invece – continua Scienza – ha mostrato meccanismi di maggior efficienza nell’uso dell’acqua, in particolare in condizioni di stress idrico. Le piante innestate sull’M4 riescono ad avere un’attività fotosintetica elevata anche con poca acqua, senza dissipare la risorsa, ma aumentandone l’efficienza d’uso. Insomma, minori consumi di acqua per elevati standard produttivi sia in quantità che qualità”.
I risvolti di questi sviluppi della ricerca saranno fondamentali per il futuro della vitivinicoltura italiana e mondiale. “Il processo di riscaldamento globale – spiega ancora Attilio Scienza – sposterà gradualmente nei prossimi trent’anni la viticoltura mondiale verso le zone più fresche del pianeta. Nel nostro paese, in particolare, assisteremo alla migrazione dei vigneti dalle zone costiere verso le aree collinari, sia nelle due grandi isole sia negli Appennini, che presenteranno una condizione climatica complessiva più favorevole, dovuta alla disponibilità di acqua. I portainnesti M saranno indispensabili per accompagnare questo percorso, abituare i viticoltori al cambio di regime idrico permettendo di mantenere la produzione viticola nelle aree che subiranno gli effetti maggiori del cambiamento climatico. Non si potrà cambiare improvvisamente il modello viticolo interrompendo la produzione in questa fase di passaggio. Gli M aiuteranno il viticoltore nel processo di delocalizzazione permettendogli di non interrompere il ciclo produttivo e rimanere sul mercato”.
Winegraft: chi e perché
Winegraft srl nasce nell’agosto del 2014 ad opera di un gruppo di primarie aziende vitivinicole di diverse regioni italiane – Ferrari, Zonin, Banfi Società Agricola, Armani Albino, Cantina Due Palme, Claudio Quarta Vignaiolo, Bertani Domains, Nettuno Castellare, Cantine Sette Soli – insieme a Fondazione di Venezia e Bioverde Trentino (azienda di supporto tecnico per la vigna) con l’obiettivo di sostenere lo sviluppo della innovativa ricerca portata avanti dall’Università di Milano, sotto il coordinamento del prof. Attilio Scienza, sulla nuova generazione di portainnesti “M” per la vite. Con un capitale di circa mezzo milione di Euro e attraverso lo spin-off di IpadLab, società specializzata nel campo della fito-diagnostica leader a livello internazionale che ha anche il compito di monitorare la sanità e la corrispondenza genetica delle barbatelle prodotte con questi portinnesti, Winegraft finanzia e rilancia il lavoro del gruppo di ricerca dell’Università di Milano. Si organizza, così, un innovativo sistema virtuoso di collaborazione tra università, aziende e mercato che permette alla ricerca di finanziarsi con i proventi derivanti dalla commercializzazione dei nuovi portainnesti affidata, in esclusiva mondiale, ai Vivai Cooperativi Rauscedo.