Sanità ragusana… a “brandelli” !
Sanità, quello strano mondo sconosciuto ai più fin quando la necessità li trascina in un vortice senza fine, mettendo a nudo una realtà, forse per certi versi scontata ma difficile da accettare.
Persi nei meandri della dialettica, le “menti” preposte a far quadrare i conti dello Stato hanno forse dimenticato che esiste una realtà oggettiva con cui confrontarsi che è ben distante dai faldoni cartacei che invadono le scrivanie.
E allora proviamo a raccontarvi noi il lungo e spesso tragico viaggio che un utente è costretto ad affrontare quando per necessità bussa alle porte della sanità iblea.
Un tempo fiore all’occhiello della Sicilia sud orientale, oggi, purtroppo le strutture sanitarie vivono di stenti e ancorate ad un glorioso passato stravolto dalla legge del risparmio.
Che si tratti di ospedali, poliambulatori o uffici amministrativi, lo stato di degrado è tangibile, spesso si è accolti in sale d’attesa di fortuna, ricavate nei corridoi ed allestite alla buona con sedie di varie tipologie raccattate per l’esigenza.
Girando nei vari reparti ospedalieri e negli uffici la situazione non cambia, infatti pareti e pavimenti lerci, piastrelle staccate dai muri, intonaci scrostati, infissi in legno marci, soffitti con evidenti tracce di umidità, porte inutilizzabili, cavi elettrici penzolanti da controsoffitti danneggiati e cartelli informativi scritti in un italiano approssimativo, sono all’ordine del giorno.
Entrando al Pronto Soccorso Centralizzato dell’Ospedale Civile di Ragusa, che dalla chiusura di quello del Maria Paternò Arezzo è notoriamente sovraffollato da gente costretta ad attendere parecchie ore, impossibile non notare le sedie a rotelle riparate con vistosi legacci ai braccioli, fissati con il cerotto a nastro, l’intonaco fatiscente all’esterno e le vistose macchie di umidità sul soffitto dell’androne.
Ma la situazione non è delle migliori neanche nei reparti, nei poliambulatori esterni e negli uffici amministrativi, dove pazienti e personale sono costretti a vivere in ambienti caratterizzati da porte scarnificate, pareti sudicie, porte tagliafuoco che immettono in corridoi inagibili, controsoffitti deteriorati, condutture e cavi elettrici a vista, sale d’attesa illuminate attraverso vetrate ricoperte da consistenti strati di escrementi di uccelli, porte di uscite di sicurezza con maniglioni antipanico guasti o totalmente mancanti e ascensori ai quali non si può accedere dal pianterreno ma solo dal primo piano o dal seminterrato, come nel caso del poliambulatorio di Modica, e poco importa se l’interessato è un anziano ammalato oncologico, con gravi difficoltà a deambulare.
E mentre chi, seduto dietro una scrivania, cerca di far quadrare i conti sulla carta, all’interno delle strutture ospedaliere iblee c’è chi giornalmente opera e si adopera per garantire la qualità dei servizi.
Medici, personale infermieristico e impiegati, nonostante tutte le mancanze, a volte anche andando oltre il proprio compito, si occupano degli utenti con grande professionalità e spirito di servizio.
Spesso si assiste anche alla non pronta disponibilità di presidi sanitari, per cui sono i medici, spinti dal senso del dovere, a sopperire a tali mancanze, adottando anche rimedi artigianali.
E mentre sul campo si registra questo sconfortante scenario, da dietro una scrivania si ritiene più proficuo sopprimere o accorpare ad omologhe unità operative, di altre località, alcuni reparti ospedalieri; tra questi oncologia, otorinolaringoiatria, psichiatria, farmaceutica territoriale e malattie infettive.
Ipotesi, queste, che senza ombra di dubbio si tradurrebbero in ulteriori disagi per gli utenti, considerato il vasto bacino d’utenza proveniente non solo dal comune capoluogo, ma anche da numerose località del vasto versante ipparino e di buona parte della provincia di Caltanissetta.
Diventa emblematico, in questo panorama, proprio il caso dell’Unità di Malattie Infettive che nel report “Dettaglio per disciplina malattie infettive” della Regione Siciliana, Assessorato della salute, DPS, Area Interdipartimentale 4, anno 2013 è risultato per n. ricoveri (868) il secondo in Sicilia e che oggi è divenuto punto nevralgico dell’assistenza agli ormai innumerevoli richiedenti asilo politico.
In che modo la chiusura di tale unità operativa a Ragusa può ben coniugare la logica del risparmio con la qualità di un servizio indispensabile, in quella che non può più essere considerata un’emergenza ma una realtà sempre più presente di assistenza ad una popolazione che deve essere seguita dal punto di vista sanitario, per il proprio e l’altrui benessere?
Da non sottovalutare poi, l’esperienza decennale del reparto che ha assicurato e assicura soluzioni efficaci ed efficienti ai vari problemi di natura infettivologica (AIDS, TBC, epatiti, brucellosi, febbre bottonosa, LUE etc.) senza dimenticare l’attivazione per eventuali casi di influenza aviaria, SARS ed Ebola.
Altro aspetto critico, di quella che per molti anni è stata definita buona sanità, la fornitura di farmaci e presidi sanitari dispensati dalla farmacia territoriale dell’ASP 7 di via Paestum. Per via di una illogica burocrazia, la gente è costretta a peregrinare da un ufficio all’altro, anche solo per ritirare un certificato da consegnare all’ufficio adiacente a quello che lo ha emesso; segue l’incomprensibile prassi del reperimento di un preventivo presso attività commerciali convenzionate con l’ASP 7, per presidi sanitari dalle caratteristiche tecniche preordinate dalla stessa ASP ed a prezzi basati su un prontuario da questa predisposto, tutte oggettive condizioni che fanno sembrare inutile la ricerca del preventivo avendo l’Azienda Sanitaria già stabilito tutto a priori.
Ma non è ancora finita, perché il calvario inizia con i conseguenti continui viaggi e le lunghe attese alla farmacia territoriale, gli immancabili rinvii a causa della mancanza di quanto necessario richiesto e l’assenza di risposte certe.
“Abbiamo appena definito le istanze presentate fino a maggio 2014” – risponde ad un utente, con malcelato imbarazzo, un impiegato alla domanda sui tempi di attesa per ottenere un presidio sanitario. Tempi biblici per vedersi assegnare una sedia a rotelle o un materassino antidecubito, durante i quali i “poveri” ammalati possono solo sperare di non passare anzitempo a miglior vita.
Di seguito,a riprova di quanto sopra affermato, alcune immagini delle condizioni in cui versano le strutture sanitarie iblee.