Il sabotatore interno è una componente dell’Io che tende a rivolgersi contro la persona stessa, danneggiandola, ovvero ostacolandola rispetto al conseguimento di mete sane e positive e orientandola verso l’insuccesso o persino l’autodistruttività. L’autore che introduce questo concetto è Fairbairn, psicoanalista con cui ha origine la teoria delle relazioni oggettuali, la quale pone un punto di vista nuovo rispetto alla teoria pulsionale freudiana. Secondo Fairbairn il sabotatore interno è frutto di un processo di identificazione con una figura parentale introiettata. Attraverso questo fattore la persona agisce attivamente con intenzioni ostili contro se stessa, senza però avere consapevolezza di ciò. Si tratta quindi di un nemico interno che agisce ai danni della persona; un elemento della personalità più consueto di quanto si immagini, presente tuttavia in toni aspri con frequenza non elevata. Nei casi in cui la sua presenza è forte può però danneggiare seriamente la persona che ne è influenzata. Qualche tempo fa mi capitò di seguire in terapia una persona che mi riferì di aver accumulato nella vita una serie di insuccessi. Pur essendo dotata di una bella intelligenza, questa persona aveva avuto una carriera scolastica modesta e dopo il diploma aveva rinunciato a intraprendere gli studi universitari. Si era quindi sposata, ma tanto nel ruolo di moglie quanto in quello di madre si limitava al minimo, trascurando molte delle incombenze che le spettavano. Durante il lavoro di analisi approfondì varie aspetti della sua storia e varie situazioni problematiche. Ad un certo punto del lavoro mi chiese supporto nell’affrontare una dieta dimagrante che finalmente si proponeva di portare a buon fine. Aveva infatti seria necessità di perdere peso, ma i vari tentativi fatti in passato si erano sempre conclusi con il recupero dei chili persi e l’aggiunta di altri. Nel corso del lavoro emerse un aspetto importante della sua storia. Mi riferì che da piccola nello studio era seguita da uno zio che la atterriva. Era una persona perfezionista e pretenziosa che la rimproverava duramente per gli errori che faceva, umiliandola. Emerse che lo zio, come dice Fairbairn, era stato per lei quella “figura parentale, non intenzionata benevolmente, da lei interiorizzata” e che lei aveva creato con essa un perverso legame. La paziente mi riferì di aver provato odio per quello zio e di provarne tutt’ora. Quel che avvenne come conseguenza di questa esperienza fu quanto segue: di fronte alle situazioni che richiedevano la necessità di fare uso di capacità intellettive, organizzative ecc., la signora, convinta di non averne così come aveva capito dal modo in cui l’aveva trattata lo zio, tendeva non solo a non metterci impegno, ma soprattutto a rovinare il risultato conseguito, agendo in modo opposto a ciò che andava fatto (per esempio, nel caso delle diete fatte in passato, oltre a farle con poco impegno inizialmente, ad un certo punto, dopo aver perso un po’ di chili, infrangeva le indicazioni previste dalla dieta e presto recuperava il peso perso). Rovinare il risultato era l’unico modo con cui internamente si ribellava alle richieste elevate dello zio introiettato. In Analisi Transazionale, che è il tipo di psicoterapia nella quale mi sono specializzata e che utilizzo, il sabotatore interno può essere paragonato all’introiezione nello Stato dell’Io Genitore di una figura genitoriale svalutante. Può trattarsi sia di una figura che svalutò fortemente il bambino, criticandolo per i risultati conseguiti e mostrando frequentemente sfiducia verso di lui rispetto alla possibilità di conseguire successi, sia di una figura iperaffettiva negativa, che cioè si pose in maniera iperprotettiva sostituendosi spesso al bambino rispetto a vari compiti che egli era chiamato a svolgere, ma anche coprendolo rispetto a magagne o condotte non buone. Il sabotatore interno rappresenta quindi quella parte dell’Io profondamente contaminata capace di boicottare i miglioramenti della personalità e di ostacolarne i progressi e di cui occorre necessariamente liberarsi se si vuole esprimere con successo le proprie potenzialità e conseguire le proprie mete.