Stupro di Firenze: l’avvocato del carabiniere Pietro Costa a Del Sette, «destituzione inutile ed avventata»
“Lettera aperta” dell’avvocato Giorgio Carta al Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri Tullio Del Sette
Roma, 19 SET – (GRNET.IT) No alla destituzione dei due carabinieri indagati per lo stupro di Firenze prima di un regolare processo. E’ questa la sostanza della “lettera aperta” che l’avvocato Giorgio Carta – il legale del Carabiniere Pietro Costa – indirizza al Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri Tullio Del Sette, che GrNet.it pubblica in esclusiva.
Di seguito il contenuto integrale della “lettera aperta”
Generale Del Sette, perché destituire i carabinieri di Firenze prima di un regolare processo?
Egregio generale Del Sette, da qualche giorno ho assunto, assieme all’avvocato Andrea Gallori di Firenze, la difesa del carabiniere scelto Pietro Costa che, com’è noto, è accusato assieme al proprio capopattuglia di avere stuprato due cittadine americane nella notte tra il 6 ed il 7 settembre scorsi.
La più grande sorpresa nell’approcciare il caso è stata constatare quante notizie distorte e talvolta inventate, unitamente a veri e propri insulti in prima pagina, fossero finora circolati in merito alla vicenda. Ma non è su questo che vorrei attirare la Sua attenzione.
Certamente non mi ha sorpreso, dopo oltre venti anni trascorsi a difendere le forze dell’ordine nei tribunali, la consueta invocazione da parte della collettività delle più gravi sanzioni disciplinari ai due carabinieri prima (ed a prescindere) di qualsiasi processo e finanche della conclusione delle indagini. Ai più, infatti, è bastata la notizia giornalistica delle prime ore per chiedere senza esitazioni la morte civile dei due graduati.
Malgrado la mia abitudine a questo fenomeno tipicamente italiano, non ricordo altri casi di accanimento mediatico assimilabili a questo.
Dobbiamo almeno noi operatori del settore (come sa, anche io ho vestito la Sua divisa) sottrarci alla pressione della folla e cercare di affrontare la vicenda razionalmente e quanto più possibile serenamente. Alla questione penale provvederanno i magistrati, sia ordinari che militari, che hanno già avviato le rispettive indagini.
Il versante disciplinare ed amministrativo, invece, è demandato alla scala gerarchica che fa capo alla Signoria Vostra.
L’Arma dei carabinieri, come noto, ha immediatamente sospeso dal servizio i due carabinieri, privandoli di pistola, tesserino e manette (e di metà dello stipendio).
I due militari, quindi, malgrado protestino la propria innocenza, sono ora barricati in casa ed – essendo stati privati delle funzioni – non potranno in alcun modo reiterare i reati loro contestati né ulteriormente ledere l’immagine dell’Istituzione.
A quanto pare, però, la sospensione non appaga quella parte della collettività, quegli organi di stampa e taluni esponenti politici che ora invocano addirittura la destituzione dei due militari prima di qualsiasi accertamento penale.
È su questo punto che mi permetto di interloquire pubblicamente con Lei, generale Del Sette, come avvocato e come carabiniere in congedo.
Certamente, l’articolo 1393 del codice dell’ordinamento militare consente all’Arma dei carabinieri di procedere disciplinarmente nei confronti dei due militari anche in pendenza del procedimento penale.
Rispettosamente, però, vorrei farle osservare che il primo comma della citata norma stabilisce che per le infrazioni disciplinari di maggiore gravità punibili con la consegna di rigore o con sanzione disciplinare di stato (ed è questo il caso che ci occupa), nei casi di particolare complessità dell’accertamento del fatto addebitato ovvero qualora l’esito di accertamenti preliminari non disponga di elementi conoscitivi sufficienti ai fini della valutazione disciplinare, l’Arma deve promuovere il procedimento disciplinare soltanto al termine di quello penale. Ed è questa l’opzione che, in sostanza, sommessamente invoco per il caso che ci occupa.
La invito specificamente a considerare che le indagini sono appena all’inizio e che le notizie di stampa finora circolate appaiono per lo più frutto di suggestioni, se non anche di antiche ossessioni di certa parte della società civile che (abitualmente usando due pesi e due misure) non esita a mettere sul patibolo un cittadino in divisa al minimo sospetto, finanche quando si sia limitato a svolgere il proprio servizio di repressione della criminalità.
L’accusa oggi rivolta ai due carabinieri è certamente tra le più gravi che si possano rivolgere ad un essere umano, al di là della professione svolta. Le dico, però, che in questi giorni ho avuto modo di trascorrere diverso tempo con il carabiniere Costa, insieme al collega avvocato Gallori.
Noi siamo assolutamente persuasi dell’innocenza del carabiniere Costa in riferimento alla violenza sessuale ascrittagli.
Gli altri reati contestabili (riconducibili in sostanza all’uso arbitrario della vettura di servizio ed alla variazione del tragitto stabilito) sono, invece, di rilevanza giuridica così modesta da essere – se provati – comunque estinguibili senza alcuna condanna, con la semplice richiesta di messa alla prova di cui all’articolo 464 bis del codice di rito. Non ho sinceramente ricordo di un militare che sia stato destituito per una violata consegna né per un uso momentaneo della vettura di servizio, ammesso e non concesso che tali reati sussistano nel caso di specie.
Tornando, quindi, all’accusa principale, dell’innocenza del mio assistito mi hanno convinto non tanto le carte processuali finora disponibili (pochissime), ma soprattutto la persona dell’indagato: un ragazzo per bene che, per quanto io possa arguire, non è, non è mai stato né mai sarà uno stupratore.
In mancanza di qualsiasi punto fermo delle indagini, comunque, mi pare ingiusto ritenere gli accusati già colpevoli prima del processo.
Per questo motivo, mi ha impensierito leggere sulla stampa che l’Arma dei carabinieri si fosse pubblicamente scusata con le due ragazze americane. Egregio generale, dimostreremo che né il carabiniere Costa né l’Arma dei carabinieri devono scusarsi di alcunché. Quanto meno adesso che manca qualsiasi evidenza dei fatti e nemmeno è noto se le due ragazze abbiano effettivamente accusato il mio assistito di qualcosa. Il che non è proprio un dettaglio.
Egregio generale, non Le chiedo di credere a me né alle mie perorazioni da avvocato, anche se ho l’abitudine di difendere penalmente solo i militari della cui innocenza sono certo e fintanto che ne mantengo certezza.
La invito, invece, rispettosamente a volere anche Lei incontrare il carabiniere Costa ed a guardarlo negli occhi. Non Le chiedo di assolverlo da ogni mancanza disciplinare, ma solo di valutare con i Suoi occhi se questo ragazzo possa essere uno stupratore. Lo ascolti e sono persuaso che anche Lei arriverà alle stesse mie conclusioni.
Un avviso di garanzia non può essere assolutamente assimilato ad una condanna e, infatti, la stragrande maggioranza dei militari che incorrono i procedimenti penali continuano a prestare servizio durante la pendenza del procedimento penale.
In questo caso, visto che si è proceduto alla sospensione dal servizio, quale ulteriore tutela per la collettività o per la giustizia scaturirebbe dalla immediata destituzione del militare? Io credo nessuna.
Anzi, costituirebbe un sinistro segnale per tutti quei cittadini in uniforme che vogliono poter confidare nella vicinanza della propria istituzione nel momento del bisogno.
In tempi non sospetti (l’intervista è reperibile in rete) ho avuto modo di riferire come Lei risulti essere un comandante di uomini molto apprezzato dalla base, soprattutto per il senso di umanità che ha trasmesso e che certamente ha finora impresso alla sua azione gerarchica.
Non invoco il suo senso di umanità, si badi, ma semplicemente la presunzione di innocenza costituzionalmente garantita. La colpevolezza penale dei due militari di Firenze – in costanza delle indagini – non può essere presunta, né stabilita sulla base della pressione mediatica. Lo stesso dovrebbe valere, a mio parere, sul piano disciplinare. Quindi, il mio invito è quello di attendere (come attenderemo noi avvocati) quanto meno la conclusione delle indagini.
Il carabiniere Costa, a mio parere, non merita di essere presunto colpevole proprio da quella Istituzione che per anni ha servito in giro per le strade ed in tutte quelle notti in cui abbiamo spento la luce di casa e ci siamo addormentati affidando a ragazzi come lui la sicurezza delle nostre città. (GRNET.IT)