Torino. 5 dicembre 2020
Tra il 5 e il 6 dicembre del 2007, a Torino, presso lo stabilimento Thyssen Krupp, nel turno di notte, una serie di scintille prodotte da olio nebulizzato, hanno scatenato un inferno, una nuvola di fuoco di oltre 15 metri, ha trasformato 7 operai in torce umane, nel giro di pochi giorni, tra sofferenze atroci, sono morti tutti. Stamattina alle 8,30 su Rai radio 1, nel corso della trasmissione di approfondimento “Inviato speciale”, è stato ripercorso, con l’ausilio di numerose testimonianze, tra cui operai della stessa ditta, il tristissimo e drammatico momento che ha portato dolore e lutti e ha segnato la città di Torino. Tra le testimonianze, la più toccante quella di una mamma che, con la voce rotta dal pianto, raccontava come il proprio figlio, nei giorni che hanno preceduto la tragedia, avesse manifestato le sue perplessità e la paura, per ciò che il ragazzo denunciava come – totale assenza di sicurezza in quello stabilimento e tra i macchinari. – Ma nonostante le preghiere che gli rivolgeva la mamma, supplicandolo di lasciare il lavoro, il poveretto non ha voluto seguire il consiglio ed è morto pochi giorni dopo, arso vivo. Le indagini si sono concluse in meno di novanta giorni, dopo 5 gradi di giudizio, 28 giudici, 10 p.m. la Corte di Cassazione, con sentenza definitiva del 16 maggio 2016, ha confermato le pene inflitte agli imputati. Quelli di nazionalità italiana hanno scontato subito la pena, l’amministratore delegato condannato a 9 anni e 6 mesi e il direttore generale condannato a più di 8 anni, in qualità di cittadini tedeschi, si sono appellati ricorrendo all’autorità giudiziaria tedesca. Gli accordi internazionali siglati dai Paesi vicini, consentono di eseguire in Germania massimo 5 anni di reclusione. Nello scorso luglio, il direttore generale ha fruito del regime di semilibertà, ma l’amministratore delegato si è appellato ancora alla Corte Federale, ottenendo la sospensione della pena. Questo continua a bruciare ancora, così come bruciò 13 anni fa, la Thyssen Krupp e i suoi dipendenti.
Tra gli ospiti della trasmissione radiofonica di stamattina, “Inviato speciale”, anche il Magistrato di Cassazione Bruno Giordano.
Giordano, che oltre ai numerosi impegni si occupa per sua stessa scelta del mondo del lavoro e degli abusi che nello stesso frequentemente avvengono, ha espresso una sua personale riflessione che lascia il segno – basta spostarsi di poche centinaia di chilometri dall’Italia e la pena viene dimezzata. –
Parole queste, che dette da un Magistrato dello spessore di Bruno Giordano, pesano quanto un macigno e lasciano spazio a ciò che comunemente noi tutti, definiamo: un grande senso di (in)giustizia.

Di Giovanni Di Gennaro

Nato a Vittoria il 14 giugno 1952; completati gli studi superiori presso l'Istituto Magistrale di Vittoria, negli anni 70, anni in cui erano in servizio, docenti quali: Bufalino, Arena, Frasca, Traina e tanti altri nomi di prestigio, si iscrive a Roma presso la Facoltà di Psicologia. Non completa gli studi universitari e non consegue il diploma di laurea, in quanto nel 1973, viene assunto presso la ex Cassa Centrale di Risparmio V.E. Da sempre si considera più sindacalista che bancario, infatti, già nel 1975, diventa dirigente sindacale. Allo stato attuale, è Segretario Provinciale della FABI, il Sindacato più rappresentativo di categoria, e, inoltre, è componente del Dipartimento Comunicazione e Immagine del Sindacato, che pubblica un mensile: La Voce dei bancari. (150.000 copie al mese). Nel 1978, inizia a collaborare con il Giornale di Sicilia, per cui lavora fino al 1994. Si iscrive all'Ordine dei Giornalisti nel gennaio del 1981. Per oltre 20 anni, collabora con Radio-Video-Mediterraneo e con altre emittenti locali, regionali e nazionali. Dal 1996 ad oggi, collabora con La Sicilia. Dal 1997 al 2004 è corrispondente Ansa da Vittoria , Ragusa e provincia.  Direttore Responsabile di periodici, ultimo in ordine di tempo: Il Mantello di Martino, molti lo considerano "specialista" di cronaca nera.  Sempre attento alle vicende politiche, economiche, giudiziarie, riesce ad essere un attento osservatore e un apprezzato cronista.

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