Trivelle. Petrolieri pagano 2, 5 euro cento chilometri di mare. Verso lo stop alle estrazioni?
Si riapre la partita per le paventate trivellazioni petrolifere nel Canale di Sicilia
PALERMO – Grazie a due voti dei giorni scorsi, l’aula di Palazzo Madama ha infatti posto una pesante ipoteca sulla prosecuzione dei progetti di perforazione petrolifera nel Mediterraneo.
Il primo voto (che ha visto il parere negativo del Governo Renzi) è stato quello con cui nella lista dei cosiddetti “ecoreati” sono state inserite quelle tecniche esplosive e di “air gun” utilizzate per le ricerche petrolifere.
Si tratta di tecniche che hanno infatti un gravissimo impatto ambientale, sia sulla struttura dei fondali che vengono “bombardati” a ritmo incessante (una esplosione ogni 9-10 secondi per mesi interi), sia per l’ecosistema marino in generale. Effetti ancora e maggiormente più gravi in un contesto geo-tettonico come quello del Canale di Sicilia a forte sismicità.
Queste attività saranno ora punibili, se non interverranno modifiche al testo della legge durante il dibattito alla Camera, con la reclusione fino a tre anni, grazie ad un emendamento del Gruppo “GAL – Grandi autonomie e libertà” del Senato (Giuseppe Compagnone, Giuseppe Ruvolo, Antonio Scavone) e del Senatore Antonio D’Alì di Forza Italia.
Il secondo voto è quello con cui sempre il Senato ha approvato a larga maggioranza (questa volta col parere favorevole del Governo e su proposta degli stessi senatori che hanno proposto l’emendamento alla legge sugli ecoreati) un Ordine del Giorno con cui è stato disposto il blocco delle concessioni che il Governo sta rilasciando in virtù dell’art. 38 del cosiddetto “Sblocca Italia”. “Una norma, quella dell’art. 38 – afferma il capogruppo del MpA all’ARS Roberto Di Mauro – che è una doppia truffa, perché sottrae alle regioni la possibilità di intervenire a tutela del proprio territorio e perché aggira quanto previsto dalla normativa comunitaria che entrerà in vigore a luglio e che si basa sul principio di precauzione per la riduzione dell’impatto ambientale, per la prevenzione dei rischi e dei disastri.”
I due provvedimenti votati dal Senato sono stati illustrati stamattina nel corso di una conferenza stampa all’Assemblea Regionale, nel corso della quale è stata più volte sottolineata “la grande differenza di comportamento fra il governo regionale precedente, che per anni ha tenuto testa agli interessi dei petrolieri, ed il governo attuale, che si è invece appiattito sulle richieste e gli interessi delle grandi lobby.”
Il senatore di Forza Italia Antonio D’Alì ha fornito alcune cifre che chiariscono la misura degli interessi in atto: a fronte dei guadagni miliardari derivanti dall’estrazione, i canoni di concessione per le strutture petrolifere sono incredibilmente bassi, di appena 0,025 Euro per chilometro quadrato a mare e 0,2 euro per chilometro quadrato a terra. A ciò si aggiunge l’assenza di garanzie sulla capacità dei concessionari sulla possibilità di intervento per la prevenzione dei rischi.
Ad oggi ci sono richieste di interdizione di aree di pesca nelle acque prospicienti le coste siciliane per oltre 30.000 chilometri quadrati.
Per il senatore Antonio Scavone, “stiamo vivendo una partita fondamentale per lo sviluppo del nostro territorio e per il nostro futuro. Il Governo nazionale, con l’accondiscendenza di quello regionale ha trovato il modo di aggirare la legge che già esisteva e, soprattutto, ha aperto una “finestra” temporale prima dell’entrata in vigore della stringente Direttiva comunitaria, dando ai petrolieri la possibilità di presentare affrettate richieste di concessione che avranno un impatto devastante per almeno 50 anni.
A questi comportamenti, il Gruppo GAL ha saputo opporsi coalizzando attorno al proprio operato anche parlamentari di tutto lo schieramento costituzionale, come testimoniato dalle firme apposte ai nostri documenti e dal voto d’aula, che ha visto parecchi parlamentari della maggioranza votare contro l’indicazione del Governo Renzi.”
Infine per Giuseppe Compagnone “tutti i provvedimenti adottati dal Governo nazionale e da quello regionale sono espressione di una cultura vecchia, di una vecchia visione del mondo e dello sviluppo. Mentre in tutto il mondo si investe, si fa ricerca e si sviluppano politiche si sostegno alle energie alternative, Crocetta parla ancora del petrolio come strumento di sviluppo. Sono parole frutto dell’ignoranza e di un incredibile appiattimento sulle posizione delle compagnie petrolifere.”
“Crocetta – ha affermato Compagnone – si sta rendendo complice di un vero e proprio crimine contro la Sicilia, per altro con un comportamento schizofrenico, perché da un lato impegna somme per il sostegno al turismo costiero e dall’altro vuole disseminare proprie le coste di veri e propri ecomostri come le piattaforme petrolifere o vuole interdire la pesca alla più grande marineria nazionale.”