“U Patriarca”. Tra fede e folklore: come racimolare qualche spicciolo in assenza delle pensioni sociali.
Salvatore Cultraro, Acate (Rg) 11 marzo 2015.- Nel secolo scorso, per le strade di Acate si aggirava un personaggio mitico, “U Patriarca”. Si trattava di un San Giuseppe vero, in carne ed ossa. Non esistendo a quel tempo le pensioni sociali, molti anziani, poveri e soli, si trovavano spesso nell’impossibilità di affrontare con dignità le necessità quotidiane. Il parroco, pertanto, sceglieva periodicamente tra tutti i poveri del paese, quello maggiormente bisognoso e vestitolo da “Patriarca”, con tonaca, mantello blu ed il simbolico bastone infiorato di San Giuseppe con all’estremità una cassetta per le elemosine, lo “autorizzava” ufficialmente a girare per le strade del paese a chiedere elemosine, “in nome di San Giuseppe”. Il lunedì ed il venerdì di ogni settimana, “U Patriarca” girava per le strade di Acate recitando a voce alta: “Cu è devoto all’Armuzzi Biniritti e o santu luni?” (chi è devoto alle anime benedette ed al santo lunedì?). La gente sentendolo usciva di casa dicendo: “Sta passannu u Patriarca”. Quindi gli andava incontro per baciare l’immaginetta di San Giuseppe che aveva sul bastone e dopo aver inserito nella cassetta delle elemosine una lira lo salutava recitando una specie di giaculatoria: “Gesù, Giuseppe e Maria”. Alla quale “u Patriarca” rispondeva: “San Giuseppe ncumpagnia”. Al suo passaggio anche i bambini accorrevano in frotta in quanto provavano piacere nel chiedergli: “Camma a fari ppi ghiri mpararisu?”. Ed il Patriarca rispondeva: ”Manciati risu”. Il vecchietto che impersonava San Giuseppe, con le elemosine raccolte non solo riusciva a vivere dignitosamente garantendosi cibo e vestiario per tutto l’anno, ma comprava anche l’olio per alimentare una lampada situata nella piccola chiesa delle Anime Benedette ubicata in contrada Canale all’estrema periferia del paese, dove ogni sera si recava a piedi per adempiere al gesto di fede e per pregare. Numerose le leggende ed i prodigi, che si tramandano ad Acate grazie ai racconti degli anziani, legate alla figura di San Giuseppe. Alcuni di questi racconti sono stati raccolti e pubblicati, nel corso dell’anno scolastico 2001-2002, in un opuscolo dal titolo, “La devozione a San Giuseppe nella tradizione acatese”, dagli alunni del Circolo didattico di Acate con il coordinamento delle insegnanti Rita Galofaro, Giuseppa Mirabella e Giuseppa Vitaliti. In uno di questi si narra di due poveri anziani coniugi acatesi devoti a San Giuseppe, impossibilitati a mantenere il voto fatto al Santo di preparagli il tradizionale altare. Non essendo riusciti un anno a vendere il raccolto di frumento i due si erano ritrovati senza i soldi necessari per preparare le pietanze ed i dolci da mettere sull’altare. Il giorno della festa il marito, sentendosi triste e poco propenso a gioire insieme agli altri della festività, decise di recarsi a messa di buon ora in modo da incontrare quante meno persone possibili. Uscito di casa però, con sua grande sorpresa, si accorse che le strade erano vuote e che nessuno si stava recando in chiesa. Giunto dinanzi la chiesa Madre, in piazza Libertà, intravide uno sconosciuto. La presenza di quell’uomo lo rincuorò in quanto pensò di non essere completamente solo. Prima di entrare in chiesa il forestiero si avvicinò al vecchietto chiedendogli dove avrebbe potuto acquistare del frumento. L’uomo si offrì subito di fornirglielo lui. Quindi dopo aver pattuito il prezzo il forestiero consegnò una cospicua caparra al vecchietto dicendogli che sarebbe passato più tardi da casa sua per ritirare il frumento. Felice per i soldi ricevuti il vecchietto ritornò subito a casa e dopo aver raccontato l’accaduto alla moglie, con la somma ricevuta acquistarono il necessario per allestire anche loro un altare in onore di san Giuseppe. Tra l’euforia generale di parenti ed amici, attesero tutto il giorno l’arrivo del forestiero che, come concordato sarebbe dovuto passare per ritirare il frumento acquistato. Ma dell’uomo non si ebbero più notizie. Per i due anziani e per tutti i paesani non ci furono dubbi. Quel forestiero altro non era che San Giuseppe il quale aveva voluto premiare la loro devozione e la loro fede. Un’altra leggenda parla di un ladro devoto di San Giuseppe il quale in punto di morte, dopo essersi pentito, avrebbe raccomandato la propria anima al suo santo protettore. A causa delle malefatte, però, il ladro fu spedito all’inferno. Appena ne fu al corrente, San Giuseppe intervenne energicamente su Gesù chiedendogli di trasferire l’anima del ladro in paradiso in quanto suo devoto. Di fronte al rifiuto del Signore, che riteneva ingiusto premiare una persona che in vita si era comportato male, San Giuseppe minacciò di abbandonare il paradiso insieme alla Madonna, agli arcangeli ed ai Patriarchi. A Gesù quindi non restò altro da fare che accontentare il suo padre putativo e trasferire il ladro in paradiso. Così, grazie alla devozione a San Giuseppe, l’anima del ladro si sottrasse alle pene eterne dell’inferno.