Aurora Muriana, Acate (Rg), 19 aprile 2020.- “Sarebbero ben pochi se riferiti ad un periodo di tempo in cui i fedeli possano aver beneficiato o beneficiare della misericordia del Padre…! Quel numero oggi indica l’anniversario di una ricorrenza: la Festa della Divina Misericordia, istituita da San Giovanni Paolo II il 30 Aprile 2000, proprio nel giorno della canonizzazione della Beata Suor Maria Faustina Kowalska. Papa Francesco ha voluto celebrare oggi la Santa Messa (sempre in forma privata a causa delle restrizioni dovute alla pandemia da SARS-CoV-2 ma visibile sia in diretta televisiva che in streaming) nella Chiesa di Santo Spirito in Sassia, a due passi da Piazza San Pietro, in quello che è il centro italiano della devozione a Gesù misericordioso (una chiesa divenuta Santuario italiano della Divina Misericordia per volere di Papa Wojtyla). Una simbologia esatta se si pensa che quest’anno ricorrono, oltre che 20 anni della canonizzazione della piccola suora definita “apostola della Divina Misericordia” e dell’istituzione della Festa della Divina Misericordia, 15 anni dalla morte di San Giovanni Paolo II (avvenuta il 2 aprile 2005) e 100 anni dalla sua nascita (18 maggio 1920). In più, l’odierna celebrazione del Pontefice si identifica con la prima volta in cui un Papa ha guidato la recita del Regina Coeli da quella chiesa, e la visita è avvenuta a venticinque anni di distanza dall’ultima volta in cui un vicario di Cristo fu presente nel santuario (era il 1995 quando il Papa polacco celebrò la Messa della seconda domenica di Pasqua e benedisse un quadro raffigurante l’immagine di Gesù misericordioso).
I due Pontefici di cui abbiamo finora parlato sono distanti tra loro per vari aspetti, primo fra tutti la provenienza (polacca per il Papa Santo, argentina ma con alle spalle una famiglia di origini astigiane per il Papa attuale), ma sono anche straordinariamente uniti dal filo conduttore della misericordia, pratica di una giustizia soccorritrice e àncora di salvezza per chiunque desidera accedervi. E si tratta anche di due Papi legati da una figura “eccezionale”: quella del Papa Emerito, Benedetto XVI, simbolo di una Chiesa che aggiorna le sue storiche norme (anche “coniando” quell’appellativo) secondo un’ottica di modernizzazione dovuta all’inconsueta situazione presentatasi a febbraio del 2013 in seguito alla sua rinuncia al ministero petrino. Ratzinger, grande teologo, rigoroso in conformità alle sue origini e alla sua formazione, profondamente amante della musica classica nonché pianista egli stesso, ma anche fondamentalmente buono e colui che fa approdare a dicembre del 2012 la Chiesa sui social network rivalutando l’importanza di un corretto uso delle tecnologie e l’apertura della Chiesa stessa ad ulteriori nuovi orizzonti.
Wojtyla, il Papa dei record (primo papa non italiano dopo 455 anni, primo pontefice polacco della storia e primo proveniente da un Paese di lingua slava), il cui pontificato è il terzo più lungo della storia (dopo quello di San Pietro e di Papa Pio IX), colui che ha compiuto 104 viaggi apostolici, il Papa dei giovani non solo perché istituì le GMG (Giornate Mondiali della Gioventù) ma perché capiva i giovani e le loro situazioni e problematiche, uno dei più amati della storia e tra le più stimate “personalità” (anche dai non credenti) per il suo ruolo di guida e per le parole di pace rivolte in vari ambiti. E, ancora, il Papa che ha fatto varcare al mondo la soglia del nuovo millennio con la simbolica apertura della Porta Santa nel Grande Giubileo del 2000. Giovanni Paolo II era molto legato alla figura di Suor Faustina (pur non avendola conosciuta) e al culto da lei diffuso, e lo è stato fino alla morte perché Sua Santià morì alla vigilia della Festa della Divina Misericordia. Wojtyla inoltre scrisse nei primi anni del suo pontificato l’enciclica Dives in misericordia (Dio ricco di misericordia) e consacrò l’umanità alla Divina Misericordia nel 2002 nell’ultimo suo viaggio apostolico in terra polacca.
Bergoglio, il Papa dei gesti evidentemente concreti nei confronti dei più deboli (“barberia del Papa”, docce e lavanderia, per ridare dignità agli ultimi), il Pontefice di cui ancora dobbiamo scrivere tra le memorie chissà quanti gesti e avvenimenti, che però ha “coperto” l’incertezza del mondo cattolico (e non solo) dopo la sede vacante lasciata da Benedetto XVI, e che siamo sicuri traghetterà con la preghiera gli uomini del mondo fuori dal mare tempestoso della pandemia dando (come già fatto) piena valenza alla comunione spirituale e garantendo il conforto della fede a tutti coloro che sono morti da soli negli ospedali senza la vicinanza né dei familiari né di un sacerdote. Lui, che ha invocato particolarmente la fine della pandemia in un momento di preghiera e di Adorazione il 27 marzo impartendo in via del tutto eccezionale la Benedizione “Urbi et Orbi” e concedendo l’indulgenza plenaria. Papa Francesco ha creato un “medicinale spirituale”, la Misericordina (Fig. 1), un kit di preghiera contenuto in una confezione simile a quella dei farmaci; già dai primissimi giorni di pontificato parlava di misericordia e perdono e indisse il Giubileo Straordinario della misericordia dall’8 dicembre 2015 al 20 novembre 2016, creando i Venerdì della misericordia per concretizzare gesti di realizzazione e applicazione della misericordia.
La Misericordia è un “mare in cui immergere le anime”.
La Festa della Divina Misericordia si celebra la domenica dell’ottava di Pasqua, tradizionalmente conosciuta come Domenica in Albis (in bianche vesti, domenica in cui si deponeva la veste bianca battesimale portata dalla notte di Pasqua per tutta la settimana successiva), giorno che spesso coincide con la Pasqua ortodossa, come quest’anno.
È chiaro il legame tra il mistero pasquale della Resurrezione e della Redenzione e l’immenso valore della Misericordia, generoso dono di un Dio che offre la possibilità di “riparo e rifugio per tutte le anime e specialmente per i poveri peccatori”, concedendo una tale grazie che deve far diventare illimitata la fiducia di ogni credente nella smisurata bontà di Dio [“In quel giorno sono aperti tutti i canali attraverso i quali scorrono le grazie divine.” (Quaderni…, II, 138)]. Non bisogna meditare la Divina Misericordia solo un giorno l’anno ma lo si dovrebbe fare sia in preparazione alla Festa (mediante la recita della Novena da iniziare il Venerdì Santo) e quotidianamente, attraverso la recita della Coroncina della Divina Misericordia e l’Ora della Misericordia (da svolgersi alle tre del pomeriggio, ora della morte di Gesù). Suor Faustina scrive nel Diario: “«Il raggio pallido rappresenta l’Acqua che giustifica le anime; il raggio rosso rappresenta il Sangue che è la vita delle anime. (…) Beato colui che vivrà alla loro ombra.»”. Questa frase riporta al Venerdì Santo, perché Sangue e Acqua uscirono dal cuore di Gesù trafitto della lancia e proprio la sua Morte ha redento l’umanità intera.
In un periodo di prova come quello che l’umanità sta attraversando a causa del Coronavirus, non restano altro che tanta voglia di fare e di aiutare, supportati da norme che garantiscano il bene comune e sorretti dalla consolazione del credo in un dio (a prescindere dal credo di ciascuno). E per i cattolici le parole dell’omelia tenuta oggi dal Pontefice dovrebbero ispirare fiducia e forza facendoci discostare dalla figura dell’apostolo Tommaso, l’incredulo del Vangelo di questa domenica, il cui nome è divenuto simbolo di incertezza. “Cari fratelli e sorelle, nella prova che stiamo attraversando, anche noi, come Tommaso, con i nostri timori e i nostri dubbi, ci siamo ritrovati fragili. Abbiamo bisogno del Signore, che vede in noi, al di là delle nostre fragilità, una bellezza insopprimibile. Con Lui ci riscopriamo preziosi nelle nostre fragilità. Scopriamo di essere come dei bellissimi cristalli, fragili e preziosi al tempo stesso. E se, come il cristallo, siamo trasparenti di fronte a Lui, la sua luce, la luce della misericordia, brilla in noi e, attraverso di noi, nel mondo. Ecco il motivo per essere, come ci ha detto la Lettera di Pietro, «ricolmi di gioia, anche se ora […], per un po’ di tempo, afflitti da varie prove» (1 Pt 1,6). […] Questa pandemia ci ricorda però che non ci sono differenze e confini tra chi soffre. Siamo tutti fragili, tutti uguali, tutti preziosi.”.