Si fa riferimento al Decreto Legge 2 marzo 2020, n. 9, che dispone le misure relative al “Rimborso di titoli di viaggio e pacchetti turistici, all’art. 28, comma 5”. Il decreto recita che “In caso di recesso, l’organizzatore può offrire al viaggiatore un pacchetto sostitutivo di qualità equivalente o superiore, può procedere al rimborso nei termini previsti dai commi 4 e 6 dell’art. 41 del citato decreto legislativo 23 maggio 2011, n.79, oppure può emettere un voucher, da utilizzare entro un anno dalla sua emissione, di importo pari al rimborso spettante”. Le associazioni di cui sopra affermano che il testo non lascia adito a dubbi circa il fatto che la scelta in merito alle gestione delle conseguenze del recesso dal pacchetto turistico – con l’adozione di una tra le opzioni indicate – è rimessa esclusivamente all’organizzatore (tour operator o agenzia di viaggio) e non al viaggiatore, contrariamente a quanto affermato da alcune Associazioni di Consumatori.
Rimborso o voucher?
Sottolineano le Associazioni. “l’intento perseguito dal Legislatore italiano risponde all’esigenza precisa e prioritaria di evitare di porre le aziende in default finanziario, consentendo loro di emettere un voucher di valore corrispondente alle somme versate dai viaggiatori in alternativa al rimborso del prezzo”.In pratica, il viaggiatore, non può scegliere quale forma di rimborso avere ma deve accettare la proposta dell’organizzatore, che di solito consta di un voucher da utilizzare entro un anno.