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Vittoria. “La classe operaia va in paradiso”. L’editoriale del sabato.

LA CLASSE OPERAIA VA IN PARADISO, PURTROPPO NON È PIÙ SOLO IL TITOLO DI UN GRANDE FILM, MA È UNA MATTANZA DI LAVORATORI.
VITTORIA. 09/09/2023
Altre cinque morti inaccettabili sul lavoro, altre cinque vite spezzate durante ciò che dovrebbe costituire l’elemento a fondamento della nostra Repubblica, come recita l’articolo 1 della Costituzione. Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Saverio Giuseppe Lombardo, Giuseppe Aversa e Kevin Laganà, quest’ultimo di appena 22 anni, i nomi degli operai travolti da un treno mentre svolgevano il loro lavoro a Brandizzo. Lasciando perdere le indagini in corso, che vedono attualmente indagati il dipendente Rfi che aveva il compito di dare il nulla osta alle 5 vittime per l’inizio dei lavori sui binari e il capo del cantiere della ditta incaricata di eseguire la manutenzione, ciò che disgusta è la continua mattanza di corpi umani che si verifica puntualmente sui luoghi di lavoro. Difatti, sono 559 le morti sul lavoro in Italia nei primi sette mesi del 2023, in aumento del 4,4% rispetto allo stesso periodo del 2022. Lo scorso anno, le vittime sono state 1.090, con una media di 80 al giorno. Numeri spaventosi che certificano il fallimento delle normative in materia di sicurezza sul lavoro. Come non condividere le parole del Segretario Cgil Maurizio Landini, il quale ha dichiarato che è necessario alzare ancora di più il livello della protesta, ma soprattutto investire sulla sicurezza, con l’istituzione di una procura nazionale sulla sicurezza e con il potenziamento degli ispettorati sul lavoro. Illuminanti anche le parole di un vittoriese doc ed ex capo dell’INL, Bruno Giordano, il quale su Repubblica ha previsto (e puntualmente ha avuto ragione) che alla strage sarebbero seguite le solite lacrime di coccodrillo per poi gettare tutto nel dimenticatoio nel giro di pochi giorni. Il magistrato punta il dito contro quella politica che ha sostenuto la liberalizzazione selvaggia degli appalti e dei subappalti, che determinano una diminuzione delle garanzie di sicurezza. Pochi gli ispettori del lavoro con l’inevitabile assenza di controlli e solo parole al vento che non fanno altro che “riempire le bare di operai”. Sempre secondo Giordano, è inutile che chi ci governa si limiti ad invocare, dopo l’ennesima tragedia, pene più severe, giacché queste avrebbero un senso solo se i processi si svolgessero con celerità. Cosa che in Italia non avviene, basti pensare a quanti processi naufragati con la prescrizione con conseguente mancata applicazione delle pene nei confronti di chi era responsabile.
Ciò detto, la tragedia di Brandizzo porta ripropone a quindici anni della promulgazione del testo unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, il d.lgs. 81/08, il tema della mancata piena attuazione di quanto previsto dall’art. 3 in materia di adeguamento e armonizzazione della normativa relativa alle attività lavorative a bordo delle navi, in ambito portuale, per il settore delle navi da pesca e delle disposizioni tecniche proprio in tema di trasporto ferroviario nonché i relativi decreti di attuazione. Trattasi di settori ad alto rischio caratterizzati storicamente da un maggior numero di casi di malattie da lavoro e infortuni anche gravi e mortali. Nelo specifico, e senza scendere troppo in tecnicismi, per ciò che concerne il settore ferroviario, la normativa di riferimento è contenuta in una legge ormai datata (l. 91/74), la quale si occupa solo di prevenzione degli infortuni e non anche di repressione delle violazioni di legge sulla sicurezza del lavoro, né di norme a tutela dell’igiene e della salute dei lavoratori. Che questa legge sia oramai obsoleta, lo dimostra l’articolo 35 della stessa, il quale in ordine alla prevenzione degli infortuni, contempla la “vigilanza congiunta” tra Ispettorato del Lavoro e “Azienda Autonoma Ferrovie dello Stato”, elemento che non si confà alla realtà di oggi, essendo le imprese del gruppo SpA o aziende private.
Normative superate, controlli carenti e liberalizzazione dei subappalti costituiscono un mix letale che determina la morte di centinaia di lavoratori, spesso giovani, che lasciano le loro famiglie addolorate, con la beffa di non avere neanche la giustizia e l’individuazione dei responsabili. A parere di chi scrive, fermo restando la responsabilità individuale nel caso singolo, le colpe maggiori vanno ricercate a quella politica che pur di favorire certe lobby ha finito per addossare sui lavoratori i rischi e le conseguenze degli infortuni.
A questo punto, dato che si parla di nuovo di riforma costituzionale, i nostri Governanti siano per una volta coerenti e modifichino lart.1, anch’esso obsoleto, della Costituzione, declinando la Repubblica come uno Stato fondato sulle morti sul lavoro. Oppure finiscano di chiudere gli occhi davanti a questa barbarie e mettano finalmente le mani sul problema, investendo ingenti risorse sui controlli e modificando la disciplina selvaggia dei subappalti. Ma siamo l’Italia, e c’è da scommetterci che non appena si spegneranno i riflettori su Brandizzo, tutto tornerà come prima e nulla cambierà. Con buona pace di migliaia di condannati a morte senza saperlo.
Sandro Alfieri

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