Vittoria. 06 aprile 2019
Se potessimo cambiare il nome a questa città, non potremmo fare altro che chiamarla “Sconfitta”. Una città, la nostra, che, seppur giovane di età, ha alle spalle una storia infinita di successi. Qui sono nate le serre per la coltivazione, in tutte le stagioni, dei prodotti agricoli; qui, le stesse serre hanno portato il famoso “oro verde” che per anni, ha dominato le scene dei mercati non solo italiani, ma anche europei e mondiali. Adesso tutto questo è un labile ricordo, il ricordo di una storia durata per decenni e svanita nel nulla, forse per responsabilità di tutti, compresi coloro i quali hanno contribuito a scrivere la storia agricola della città. Eppure in quel periodo c’era il benessere, lo star bene, il boom dell’edilizia, che era agganciato al carro trainante dell’agricoltura. Il mercato era fiorente e i produttori riuscivano a vivere nel benessere e fare vivere una intera economia ragusana, fondata sull’agricoltura e sui latticini. Adesso questa storia è diventata triste, fino al punto da far registrare l’arresto per minacce e lesioni, di un imprenditore, figlio di imprenditore, schiacciato dalla crisi economica e ridotto sul lastrico, tanto da perdere la casa. Proprio nel vano tentativo di difendere questa, è stato tratto in arresto. Una storia triste che nessuno avrebbe dovuto scrivere e raccontare. Anche chi si erge a paladino dell’agricoltura e del mondo che intorno ad essa ruota, si trova nei guai giudiziari, forse per avere detto ciò che pensava e che pensa, forse perché il suo carattere impulsivo, non lo esime dall’esporsi quando ritiene di dovere salvaguardare gli interessi della città che adora e dei cittadini che lo hanno reso il primo protagonista della vita politica locale e regionale.
Adesso, dopo essere passati alla ribalta della cronaca più volte, per mille motivi, lieti e tristi, a volte anche incolpevoli e inconsapevoli, ritorniamo sulle prime pagine della cronaca nazionale e estera, per una triste storia di razzismo. Qualcuno potrebbe obiettare: nulla di nuovo sotto il sole, il momento è propizio. In ogni parte del mondo si parla solo di odio razziale e di intolleranza. Ma stavolta si tratta di un “branco” di ragazzini, forse sarebbe meglio chiamarli bambini, che si sono resi protagonisti, lo scorso dicembre, di un deplorevole episodio di razzismo e intolleranza. Quante volte sentiamo dire in un giorno: tolleranza zero; ecco, la tolleranza non è più ammessa, né nel bene, né nel male. E noi, in questa città con un nome che trasuda il massimo della gloria, torniamo ad essere al centro dell’attenzione. L’unico lato positivo di questa vicenda, lo individuiamo nell’intervento di alcuni genitori dei componenti del “branco”, che hanno, forse convinto, forse obbligato, i loro figli, a raccontare la verità alle forze dell’ordine.
Arrendersi non si addice a nessuno, tantomeno a noi che siamo abituati ad essere vittoriesi e vittoriosi, e se è vero com’è vero che nel percorso di una vita umana, esistono discese e salite, prima o poi, noi tutti torneremo a percorrere la discesa, quindi non affatichiamoci troppo per finire la strada in salita, auspichiamo solo che la meta sia vicina.